BARI - «Piccole e grandi imprese pugliesi potrebbe ricevere ristori non sufficienti dai provvedimenti in fase di definizione del governo: il rischio è la tenuta del sistema e dei livelli di occupazione sul territorio»: questa la posizione dell’assessore allo Sviluppo economico della Regione Puglia Alessandro Delli Noci.
Assessore, cosa non torna nei conti del nuovo decreto Sostegni?
«Abbiamo inviato alla Conferenza Stato Regioni una comunicazione ai Ministri Franco e Gelmini con alcune nostre integrazioni all’attuale stesura del Decreto Sostegni. Il nostro obiettivo è di rendere gli interventi ancora più rispondenti agli specifici fabbisogni delle diverse categorie».
Le vostre proposte?
«Bisogna tenere conto del tessuto economico non solo della Puglia ma dell’intero Mezzogiorno, composto prevalentemente da imprese di dimensioni modeste, con un numero di lavoratori che varia da 1 a 9 addetti, imprese che, a causa dell’annullamento del fatturato di questo ultimo anno o per il fatto stesso di non essere rientrati in nessun codice Ateco previsto dal precedente Decreto Ristori, rischiano di scomparire totalmente. Penso al settore del wedding, a quello delle feste patronali, alla movida e più in generale al settore del commercio e dell’artigianato. Molte hanno abbassato la saracinesca e da lì deve ripartire l’economia locale e nazionale».
Il Dl Ristori è troppo generico?
«E’ necessario tenere in maggiore considerazione la specificità dei settori, delle imprese e dei lavoratori. Ci vogliono interventi mirati, per sostenere la ripresa delle attività e allo stesso tempo il mantenimento e la salvaguardia dei posti di lavoro».
Per le partite Iva e i professionisti?
«Come emerso nei mesi scorsi, ci sono quelli appartenenti alle fasce minori di reddito che si trovano in condizione di grave crisi, anche al seguito del blocco totale o parziale delle attività imposte dalle restrizioni o dal lockdown. Si potrebbe aumentare i contributi per le fasce inferiori di reddito, per esempio fino a 50 mila euro lordi».
Le imprese sono in forte sofferenza.
«Quelle più piccole, con ricavi fino a 5 milioni di euro, risultano maggiormente in sofferenza: qui si potrebbe elevare il valore massimo concedibile del contributo in termini assoluti, innalzandolo ad esempio a 300 mila euro, e innalzare le percentuali di copertura da utilizzare in relazione alle perdite registrate».
L’impatto della crisi sulle grandi imprese può generare gravi problemi sociali.
«Per queste imprese, con un livello di ricavi superiore ai 5 milioni di euro, il Dl Ristori potrebbe essere inefficace. Come rilevano gli studi sul settore, l’ultimo di Bankitalia, i nodi sono il deficit di liquidità e la criticità finanziaria. Il governo può fare molto».
Come?
«Con il sostegno al capitale circolante, erogando un contributo premiale a fondo perduto a favore di coloro che non riducono la base occupazionale, sia con la messa a disposizione di flussi di credito di medio-lungo termine a costo zero attraverso il coinvolgimento di soggetti finanziari bancari e di operatori istituzionali e non. Sono interventi più consistenti, ma in grado di fronteggiare la crisi attuale e creare le condizioni per la ripartenza».
Sul tavolo ci sono dunque soluzioni praticabili?
«Occorre viaggiare su due strade: quella della liquidità per recuperare le perdite e garantire la continuità aziendale, e quella degli investimenti per accompagnare le imprese verso il futuro. Queste sono state le linee della Regione Puglia, che hanno avuto un impatto positivo, come registrato dall’Istat: per il ciclo di programmazione 2014-2020 abbiamo investimenti delle imprese generati dai nostri strumenti di agevolazione per 5,27 miliardi di euro con le misure ordinarie, per un incremento occupazionale di 26.389 unità e un’occupazione a regime, tra vecchi e nuovi occupati, pari a 122.207 unità».