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Parla Lottieri: «Anche con Mister Euro vincono spesa e debito»

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Lottieri: Il Sud può correre da solo

Il giurista del «Bruno Leoni»: «La transizione energetica? C’è troppa retorica»

Lunedì 15 Febbraio 2021, 15:07

BARI - Professor Carlo Lottieri, giurista e direttore del dipartimento di Teoria politica dell’Istituto «Bruno Leoni», la crisi si è conclusa con l’approdo a Palazzo Chigi di Mario Draghi. Un epilogo scontato?
«La scelta di Mario Draghi, tra l’altro presentata come risorsa estrema della Repubblica, attesta una cosa: questo è un Paese dissestato dal punto di vista finanziario e bisognoso di sostegno comunitario. Non casualmente, tutto il dibattito è sul Recovery Plan. Il presidente Mattarella l’ha scelto per questo».

La convince questo ibrido tecnico-politico?
«Draghi ha dovuto coinvolgere tutti o quasi tutti perché il nostro è un sistema parlamentare. Però in questo modo è riuscito a depotenziare tutti i diversi attori: nessuno di loro è decisivo. E i ministeri più importanti restano tutti in mano ai Draghi Boys».

È in arrivo un «ma»...
«...ma è anche vero che sarà dura disinnescare le polemiche: passata la luna di miele, al primo barcone di migranti che succede? Non è così scontato che l’esecutivo riesca a durare».

Polemiche politiche a parte, cosa dobbiamo aspettarci dal governo Draghi?
«Terrà in piedi un ordine politico basato sulla spesa e sull’indebitamento. La strada, un po’ in tutto l’Occidente, è questa».

Niente rivoluzioni quindi?
«Direi di no. Purtroppo la situazione economica del Paese è molto grave, il debito è superiore a quello della Grecia al momento della crisi e così non si fa altro che rinviare la presa d’atto, continuando a giovarsi di risorse altrui. Ma è un problema culturale da cui non si esce. Anche i Paesi costretti a garantire per noi assecondano tale linea. L’effetto Draghi è anche questo».

Che ne pensa del nuovo ministero della Transizione energetica?
«C’è grande entusiasmo perché quella della svolta verde è un’idea che va bene a tutti. Soddisfa la politica, e in particolare il Movimento 5 Stelle, ma anche gli industriali perché significa più finanziamenti ai grandi gruppi. I fiumi di retorica che scorrono su questo tema nascondono interessi elettorali ed economici. Alla fine tutto questo avrà un forte effetto regressivo perché a pagare un prezzo salato saranno i ceti meno abbienti su cui peserà il costo dell’energia».

E allora con il Recovery cosa dovremmo farci?
«Onestamente a fronte di 30 miliardi l’anno, perché questo è il Recovery, io preferirei non fare altro debito».

Ma pistola alla tempia?
«Se proprio bisogna utilizzare questi soldi allora ci si dovrebbe concentrare sulla riallocazione delle forze produttive, rendendo possibili i licenziamenti e riassumendo questi soggetti altrove. L’Italia deve prepararsi a fare i conti con un problema sociale enorme. Rinviare è inutile».

Ma quindi, professore, alla fine della giostra, cosa dovrebbe fare la politica?
«La politica dovrebbe far poco. Anzi solo una cosa: rimettere in piedi le condizioni per intraprendere. L’essenziale è questo».

Chiudiamo sull’autonomia tema cui lei, da sostenitore di una «cantonalizzazione» dell’Italia sul modello svizzero, è sensibile. Si riaprirà il dibattito?
«Non era successo nulla al tempo del Conte uno perché la Lega si era concentrata su altre priorità di tipo nazionale, senza affondare il colpo. Il Conte bis, poi, ha cancellato il tema dal dibattito».

E ora Draghi che farà?
«Non escludo che qualcosa possa succedere, ma sono solo supposizioni. Draghi potrebbe scegliere, da questo punto di vista, di togliere aria alla Lega entrando nel suo campo. D’altra parte il neoministro degli Affari regionali, Maria Stella Gelmini, è bresciana, cioè espressione di un territorio dove questi temi sono avvertiti. Insomma, qualcosa, anche se di piccolo, potrà accadere».

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