Professor Adriano Giannola, economista e presidente della Svimez, il nuovo governo ha iniziato il suo cammino. È ottimista?
«La figura di Mario Draghi è certamente rassicurante al di là di ogni idea politica. La sua visione, anche europea, è chiarissima: saremo disciplinati e aiutati».
Se Draghi la rassicura, il suo governo un po’ meno?
«Mi sembra un esecutivo spostato sul centrodestra nordico e non è un caso che oggi si torni a parlare di autonomia con alcune dichiarazioni al di là della volontà del premier».
Prendiamo il toro per le corna: è un esecutivo a trazione settentrionale?
«Il punto non è il luogo di nascita dei ministri e nemmeno la loro collocazione politica o partitica. Con Renato Brunetta, per fare un nome, si ragiona benissimo se non ci si avventura nelle provocazioni come accaduto in passato. Il leghista Giancarlo Giorgetti è persona di buonsenso».
E allora qual è il punto?
«Il punto è la visione, la consapevolezza di quali siano i problemi e di come affrontarli».
Cominciamo dal più stringente.
«Il primo lo ha indicato con chiarezza l’Europa che, insieme ai problemi atavici del Paese, ha considerato prioritaria la coesione territoriale, il nodo degli squilibri italiani in termini di infrastrutture e sviluppo. Toccherà a Draghi tenere la barra a dritta al di là dei desiderata autonomisti dei vari partiti».
Ed è l’uomo giusto per farlo?
«Dieci anni fa Draghi disse che erano necessarie politiche nazionali per garantire parità di diritti e doveri ma anche di efficienza. Tutto questo non è avvenuto, abbiamo continuato a metterci al traino di locomotive che da vent’anni non trainano più nulla. È tempo di voltare pagina».
Al centro di tutto c’è il Recovery Plan. Sul tavolo resta la seconda bozza del Conte bis. Bisogna ripartire da lì o si deve riscrivere tutto?
«Glielo dico con franchezza, secondo me va riscritto. Se ci addentriamo nelle 100 e più pagine di quella bozza troviamo sì propositi corretti ma, entrando in dettaglio, si tradiscono le richieste dell’Europa. Vale l’esempio della portualità dove si conferma il valore strategico di Trieste e Genova, come nel primo testo, mentre agli snodi del Sud è riservata l’etichetta della vocazione turistica. E allora viene da chiedersi: erano sani di mente quando hanno istituito le Zes? Il Plan è tutto da riscrivere».
La parte del leone la farà comunque la transizione energetica. Cosa ne pensa del nuovo ministero?
«La vera transizione si fa appunto rovesciando la situazione attuale. E proprio a partire dai porti. Parlare di decarbonizzazione senza pensare a come togliere il traffico su gomma dalla Sicilia a Milano è prendersi in giro. Se questo ministero è veramente strategico allora bisogna metterlo al servizio di una visione generale del Paese».
Cambia il governo e cambia il titolare anche dell ministero per il Sud con l’arrivo dell’azzurra Mara Carfagna. Quale la prima richiesta?
«La stessa che abbiamo fatto al ministro precedente: mettere subito in moto ciò che è già pronto, a cominciare dalle otto Zone economiche speciali da azionare anche a calci, se necessario. Certo, il ministero per il Sud deve accelerare la spesa e pensare alle aree interne in difficoltà, ma proprio le aree interne troverebbero giovamento dal migliorare del contesto. Vale l’esempio della Basilicata che diventerebbe un perno del Mezzogiorno trovandosi al centro delle Zes».