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Mittal, Tar di Lecce sentenzia: «60 giorni per chiudere l'area a caldo. Salute in pericolo a Taranto». La multinazionale annuncia ricorso

 
Redazione online

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Taranto, un dissalatore in mar Grande fornirà l'acqua al Siderurgico

Dopo l'ordinanza del sindaco Taranto, respinti i ricorsi dell'azienda e Ilva in As

Sabato 13 Febbraio 2021, 15:50

14 Febbraio 2021, 09:55

TARANTO -  Il Tar di Lecce chiede ad ArcelorMittal di spegnere l’area a caldo dello stabilimento siderurgico di Taranto entro 60 giorni. La sentenza, contro la quale l’azienda ha annunciato immediato ricorso al Consiglio di Stato, arriva ad un anno di distanza dall’ordinanza sulle emissioni del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, che imponeva alla multinazionale di individuare e rimuovere entro 30 giorni le criticità ambientali e di provvedere nei successivi 30 giorni, in difetto di adempimento, alla chiusura degli impianti inquinanti.

Secondo la prima sezione del Tar (presidente estensore Antonio Pasca), «lo stato di grave pericolo in un contesto abitativo» come quello della città di Taranto, aggravato "proprio dal sempre più frequente ripetersi di emissioni nocive ricollegabili direttamente all’attività del siderurgico», deve ritenersi «permanente ed immanente». Sono stati così respinti, perché ritenuti da un lato infondati e dall’altro inammissibili, i ricorsi presentati da ArcelorMittal e Ilva in As, che avevano comunque determinato la sospensione degli effetti dell’ordinanza sindacale urgente e contingibile. Il Tribunale amministrativo aveva chiesto alle due società ricorrenti di fornire documentazione utile a provare l’assenza di fenomeni emissivi. Ma la comunicazione attribuita ad ArcelorMittal del 22 marzo 2020 non è stata ritenuta sufficiente. Il termine per «procedere a ulteriori accertamenti e verifiche al fine di individuare preliminarmente le anomalie di funzionamento», sottolinea il Tar, deve ritenersi «ormai irrimediabilmente decorso». Dalle risultanze acquisite «con la disposta istruttoria - viene puntualizzato nella sentenza - si evince altresì che tali criticità e anomalie possono ritenersi risolte solo in minima parte e che, viceversa, permangono astrattamente le condizioni di rischio del ripetersi di siffatti gravi accadimenti emissivi, i quali del resto non possono certo dirsi episodici, casuali e isolati». Il Collegio di giudici sostiene inoltre che occorre sgomberare "il campo da un equivoco che costituisce un leit motiv della linea difensiva delle ricorrenti, nonché oggetto di specifico motivo di ricorso, ovvero dal convincimento che il rispetto dei parametri emissivi previsti nell’Autorizzazione integrata ambientale comporti di per sé garanzia della esclusione del rischio o del danno sanitario».

La sentenza del Tar dice anche altro. «Appare singolare considerare - si legge nel provvedimento - che un adeguamento tecnologico degli impianti e la conversione dell’alimentazione dei forni dal carbone all’elettrico avrebbe probabilmente scongiurato un gran numero di decessi prematuri e un’incidenza così elevata di malformazioni e patologie oncologiche, anche in età pediatrica e infantile». Esultano il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e il governatore pugliese Michele Emiliano, che auspicano una celere "convocazione del tavolo per l’accordo di programma su Ilva da parte del presidente del Consiglio Draghi». Da tempo le istituzioni locali sollecitano la chiusura dell’area a caldo, così come avvenuto a Genova e Trieste, e una riconversione che tuteli salute, ambiente e posti di lavoro. Secondo il governatore Emiliano «unica alternativa alla totale decarbonizzazione degli impianti è la chiusura. Non ci sono altre alternative». La sentenza del Tar, afferma invece il sindaco Melucci, «spezza ogni ricatto, cade il tabù che la salute sia uguale al lavoro e cadono anche tante menzogne raccontate in questi anni. Io credo che Taranto oggi si è liberata definitivamente. Da oggi nulla sarà più come prima, non torneremo indietro».

MITTAL ANNUNCIA RICORSO AL CONSIGLIO DI STATO -  In relazione alla sentenza emessa dal Tar di Lecce sulla chiusura dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico di Taranto in ottemperanza a una ordinanza del febbraio 2020 del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, ArcelorMittal Italia comunica che «promuoverà immediatamente appello presso il Consiglio di Stato». 

IL COMMENTO DEL CODACONS - «Il ricorso annunciato da ArceloMittal al Consiglio di Stato contro la sentenza odierna del Tar di Lecce è una mera illusione che dovrà scontrarsi con una innegabile realtà: il diritto dei cittadini alla salute prevale sempre sugli interessi economici dei privati». Lo afferma il Codacons commentando la sentenza del Tribunale amministrativo che impone ad ArcelorMittal di chiudere entro 60 giorni l’area a caldo in ottemperanza all’ordinanza sulle emissioni del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci. L’associazione dei consumatori era intervenuta «ad opponendum» nella causa dinanzi al Tar ed ora annuncia che si costituirà anche nel successivo giudizio». ArcelorMittal «continua ad illudersi - sottolinea il presidente del Codacons Carlo Rienzi - di poter fermare la necessaria e obbligatoria rimozione delle micidiali emissioni gassose del camino E312, ma non esiste giudice che, a fronte dei tanti morti di Taranto, possa riavviare un impianto che arreca danno alla salute e all’ambiente». Le sentenze del Consiglio di Stato "degli ultimi 20 anni - conclude Rienzi - hanno sempre dato prevalente valore alla vita umana rispetto a qualsiasi esigenza di produzione industriale, e anche stavolta il Codacons sarà in tribunale al fianco del sindaco di Taranto per bloccare qualsiasi tentativo della fabbrica dei veleni di uccidere ancora innocenti»

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