Professor Carlo Lottieri, filosofo del diritto e direttore del dipartimento Teoria Politica dell’Istituto «Bruno Leoni», quanto «pesa» il Recovery Fund?
«Le sue dimensioni sono enormi se prese in sé ma ridicole se rapportate all’economia italiana che ha un Pil poco inferiore ai 2000 miliardi: 200 miliardi in sette anni fa 30 miliardi l’anno. In rapporto a 2000 mi sembra ci sia una notevole distanza».
Se non sono poi così tanti si tratta di spenderli bene. La convince l’idea della piramide con regia politica, supermanager e tecnici?
«Guardi, io credo che sarebbe cruciale evitare la discrezionalità dei politici, la loro intermediazione. La logica novecentesca dei grandi piani deve essere abbandonata»
Perché?
«Perché partiamo sempre dalla premessa che politici, task force, grandi economisti, esperti sappiano perfettamente di cosa c’è bisogno».
Stiamo morendo di task force?
«Direi che gli esperti sono utilizzati come amplificazione del potere politico che si nasconde dietro di loro ma poi comunque decide. Viviamo in una falsa tecnocrazia con la vecchia politica rannicchiata dietro ai tecnici e alla paura generalizzata».
Comunque sia è l’Europa che ci chiede un piano.
«E infatti l’Unione non è certo immune ai difetti che affliggono i Paesi che la compongono. È una riproduzione in grande degli Stati medesimi».
Ha letto il piano elaborato dal Governo?
«Mi sembra che ci siano una serie di titoli legati più che altro a vuote parole d’ordine come verde o parità di genere. Il che è chiaramente una distorsione rispetto alle reali esigenze dell’economia. Esigenze, mi ripeto, che non possono essere individuate dall’alto. Sono gli imprenditori e i consumatori a metterle a fuoco».
Ma quindi cosa bisognerebbe fare?
«Innanzituto c’è un problema di riforme strutturali, dalla giustizia alla burocrazia. Per intenderci, quelle che hanno un bassissimo costo economico ma un alto costo politico».
Ma con qui soldi che si fa?
«Per esempio un grande riduzione della pressione fiscale generalizzata. Un taglio lineare, senza privilegiare nessuno».
Difficilmente Bruxelles sarebbe d’accordo. Voglio i «piani» che a lei non piacciono.
«Si poteva fare una battaglia su questo evidenziando i benefici di una simile iniziativa. E invece il Governo sposa la logica dei bonus per comprare il terzo tostapane, che non serve, solo perché è gratis».
Il cashback è stata una buona idea?
«Un’idea pessima e infatti è stata bacchettata dalla Bce che parla giustamente di distorsione. Per prima cosa, è una iniziativa che taglia fuori una serie di persone a cominciare dagli anziani o da chi non ha voglia di fare tutto il percorso cui è obbligato. E poi di fatto distorce i comportamenti e le scelte».
Torniamo al Recovery. Si dibatte sulle risorse che dovrebbero andare al Sud. Il 34% indicato dal ministro Provenzano è troppo poco?
«Mi sembra difficile che un Governo a trazione meridionale come quello attuale faccia uno sgambetto al Mezzogiorno. Ma è comunque la premessa ad essere sbagliata: davvero crediamo che una parte di questi 30 miliardi annui, che sia il 34% o l’80%, possano fare ciò che non è stato fatto finora?».