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Ventura: «Lecce e Bari, avanti così»

 
Davide Lattanzi

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Davide Lattanzi

Ventura: «Lecce e Bari, avanti così»

L'ex ct azzurro è ottimista: due organici costruiti per dare soddisfazione ai tifosi

Mercoledì 02 Dicembre 2020, 11:05

Dica la verità, Ventura, se l’aspettava un Lecce così?
«È tra le migliori della B. Eppure, mi ha sorpreso. Perché quando si è reduci da una retrocessione, l’aspetto più complicato è sintonizzarsi su un torneo completamente diverso».

E del «suo» Bari? Ce la farà a evitare la tortura degli spareggi?
«Ha un organico imponente per la serie C, composto da quanto di meglio offra la categoria o da elementi provenienti da serie superiori».

Schietto come sempre, Giampiero Ventura: il calcio è la sua anima, la sua «libidine». Il tecnico genovese che qui ha trovato amore e moglie osserva tutto dall’abitazione barese, con la forte speranza di ritrovare presto il mondo del pallone. Perché anche le delusioni più cocenti (come l’eliminazione dal mondiale 2018 quando era ct della nazionale italiana) non possono scalfire una carriera di successi. Proprio in Puglia, ha guidato il Lecce dalla C1 alla A (dal 1995 al ‘97) e con il Bari ha ottenuto uno straordinario decimo posto nel massimo campionato, nel 2010. Al suo eccellente palmares, va aggiunta la promozione in A del Cagliari nel 1998, con brillante salvezza nel torneo successivo, nonché il salto nel massimo torneo del Torino nel 2012, seguito da quattro anni ai massimi livelli, con la qualificazione e l’avventura in Europa League, terminata agli ottavi di finale. L’ultimo anno è stato in B, alla Salernitana, vedendo sfumare l’accesso ai playoff proprio all’ultima giornata, in un pallone già flagellato dalla pandemia.

Ventura, torniamo al Lecce. Allora?
«Sul piano della mentalità dimostra una maturità rara. Significa che Corini è stato bravo a trasmettere da subito determinati valori ed il gruppo è stato ricettivo nell’applicarli. Se questi sono i presupposti, i giallorossi davvero devono imporsi di lottare fino alla fine per la promozione diretta».

La piazza Bari è spaventata dopo lo schiaffo preso dalla capolista Ternana. Non è disposta a tollerare un’altra rincorsa da seconda...-
«... ma la sconfitta con gli umbri non deve fuorviare: perdere una partita secca può capitare. Magari, meno comprensibile è lo stop di Foggia, data la disparità di valori in campo. Ma i punti in palio son talmente tanti, da rendere doverosa la rincorsa al primo posto».

Si dice che uno dei nemici del Bari possano essere proprio le pressioni, come ha sottolineato il bomber Antenucci. Che ne pensa?
«Bari ha un indotto da oltre un milione di tifosi: le aspettative massimali rappresentano la normalità. Conosco bene Mirco: abbiamo vinto un campionato insieme a Torino. Non solo è uno straordinario calciatore, ma anche un ragazzo di estrema professionalità e sensibilità. Se ha parlato in quel modo, lo ha fatto soltanto per compattare tutte le componenti dell’ambiente verso un unico scopo».

A Napoli ha conosciuto la famiglia De Laurentiis all’alba del loro percorso nel calcio: come valuta l’investimento su Bari?
«Ormai sono barese d’adozione: so qual è la preoccupazione dei tifosi. Ma mi sento di rassicurare tutti: se i De Laurentiis hanno investito su Bari, non può esserci obiettivo diverso dalla serie A, ovvero l’unico campionato che può esaltare anche sul piano economico le potenzialità infinite di una città innamorata del calcio. Ero certo che la serie D sarebbe stata dominata senza problemi, ma la C è il torneo più arduo nella scalata: sono certo che, superato questo ostacolo, sarà molto più semplice il salto successivo. Perciò, mi ci metto anch’io: facciamo tutti il massimo per ottenere questa promozione».

Ci sta facendo un pensierino al ritorno al San Nicola?
(Sorrisino, pausa e le parole che glissano) «Avrei tanta voglia di vedere una partita del Bari dal vivo. Ma questo è il momento della prudenza. Tornerò, lo prometto. Spero insieme ai magnifici tifosi biancorossi. Ormai sono uno di loro».

Ne ha viste tante in carriera. Il pallone bucato dalla pandemia nessuno lo immaginava. Come ne usciamo?
«È una situazione inscindibile da ciò che avviene a livello mondiale. Lo stato di emergenza è generale: viviamo tutto con preoccupazione. Il calcio è una delle principali industrie italiane: era doveroso riprendere, ma il massimo impegno va profuso per riprenderci ciò che avevamo prima. Le partite attuali sono anomale: il pubblico è un elemento troppo centrale per farne a meno. Non c’è giornata che non produca risultati sbalorditivi. Perché senza l’emozione e l’adrenalina trasmessa dalla gente, i risultati vengono inevitabilmente condizionati. Io stesso vorrei concludere la mia carriera con un’ultima eccitante avventura, ma aspetterò tempi migliori per rientrare. Eppure, noi addetti ai lavori dobbiamo trovare la forza di andare avanti per assolvere ad una funzione sociale delicata: per 90’ abbiamo il potere di distrarre la gente da un momento drammatico».

(foto Ansa - Di Marco)

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