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Pop-Bari, nessuno ascoltò il controllore

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Pop-Bari, nessuno ascoltò il controllore

Nei verbali del cda gli allarmi del presidente dei sindaci: «Così rischiamo di saltare»

Lunedì 02 Novembre 2020, 12:57

Nell’aprile 2016 il Bari calcio, allora guidato da Gianluca Paparesta, stava per essere venduto al «magnate» della Malesia, Datò Noordin. E si trovava, come i tifosi sapevano, in condizioni finanziarie a dir poco spericolate. Se il 18 di quel mese il Bari fu in condizione di ottemperare ai versamenti Irpef fu soltanto perché la Popolare di Bari concesse una linea di credito personale da 550mila euro a uno dei componenti del cda biancorosso. Soldi che la banca non ha più rivisto. È una delle tante vicende di cui ha parlato alla Procura di Bari il commercialista Alberto Longo, 62 anni: è proprio grazie al lungo racconto fatto all’aggiunto Roberto Rossi e al pm Savina Toscani che il gip Paola Angela De Santis ha archiviato le accuse all’ex presidente del collegio sindacale di PopBari. E ora quei due verbali del 13 e 25 febbraio sono al centro di numerosi altri approfondimenti.

Longo ha infatti illustrato la sua verità su ciò che è accaduto negli uffici dell’istituto di credito nei 24 mesi precedenti al commissariamento da parte della Banca d’Italia. Raccontando - e documentando - una serie di azioni, messe in pratica insieme con una parte del nuovo cda della banca (quello guidato dal professor Gianvito Giannelli) e con alcuni manager per far emergere alcune operazioni spericolate effettuate dal precedente gruppo dirigente. Ma parlando anche di quanto fatto in prima persona per arrivare al salvataggio della PopBari sulla base di una lettera di intenti firmata il 28 novembre 2019 dai vertici di BankItalia: un «piano di riassetto», che aveva in allegato una «timeline», in base a cui PopBari sarebbe stata ricapitalizzata con l’intervento del Fidt e del Mediocredito Centrale. Sul progetto si erano susseguite convulse trattative che sembravano essere arrivate a un passo dalla conclusione. Solo che il 13 dicembre BankItalia fermò tutto e decise il commissariamento, mettendo poi in atto da sola lo stesso identico progetto: i motivi di questa decisione, se confermati, potrebbero chiamare in causa altre responsabilità.

Oltre che la storia - quasi divertente - del prestito per evitare la penalizzazione del Bari calcio, il racconto di Longo aggiunge nuovi tasselli alla storia recente della banca di corso Cavour, anche per quello che riguarda la tutela degli azionisti nei fatti danneggiati per il mancato riconoscimento del diritto di recesso. Ma anche altre operazioni, che potrebbero confermare l’impostazione su cui si reggono tutte e tre le inchieste aperte dalla Procura di Bari: una banca che era piegata al volere di Marco e Gianluca Jacobini. Tanto si ricaverebbe, ad esempio, dalla discussione nel consiglio di amministrazione del 30 gennaio 2019 sul bilancio consuntivo 2018: in quel verbale, consegnato alla Procura, Longo «rappresenta perplessità e dubbi sulla tenuta dei dati», segnalando «il rischio che possano essere smentiti nei prossimi trenta giorni da sopravvenuti eventi straordinari». Il riferimento è alle società di Vito Fusillo, il principale cliente della banca, che sarebbero poi fallite a novembre 2019. Un tema che Longo aveva sollevato anche nella riunione del 31 ottobre 2018, chiedendo lumi sul peso dell’esposizione verso Maiora nella semestrale 2018 (chiusa con 145 milioni di perdite) e rappresentando l’opportunità di informarne la Banca d’Italia, e ancora sul trattamento dei 420 milioni di Dta (le imposte anticipate): un meccanismo - quello dei crediti fiscali - che secondo la Procura di Bari sarebbe stato utilizzato per nascondere la situazione precaria dei conti della banca.
Nel fascicolo-madre sulla Popolare, che a gennaio portò all’arresto ai domiciliari di Marco e Gianluca Jacobini, Longo (difeso dall’avvocato Michele Laforgia) rispondeva (insieme ai vertici dell’istituto) era indagato per concorso in false comunicazioni sociali.

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