Marcello Minenna, barese, classe 1971, è un intellettuale dell’Economia, con vocazione high tech. Bocconiano, Master alla Columbia, poi professore, cresciuto in Consob (1996-2016), una fugace esperienza politica in quota M5S (assessore al Bilancio con la Raggi, per due mesi, nel 2016), da gennaio guida l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM).
Lei ha evidenziato come, nonostante il poderoso stimolo Bce, la liquidità non circola a dovere, con governi - banche - imprese che, anziché pompare denari, accumulano riserve (a interessi ottimi) su «conti a vista». Questo potrebbe frenare la ripartenza, soprattutto al Sud?
«Il tema è l’incertezza che genera una sorta di trappola della liquidità, nel momento in cui c’è una grande disponibilità a livello di sistema. In chiave Sud questo diventa un problema ancora più ampio, perché il sistema dei costi storici nella P.A. ha generato un gran divario, di decine di miliardi di euro, a sfavore del Mezzogiorno. Ora, con la liquidità trasmessa dall’Eurosistema e dai governi centrali che rischia di restare immobilizzata nei conti di banche e banche centrali nazionali, rompere questa sorta di “partita di giro” richiede segnali chiari su come verrà superata la crisi che, per altro, è ancora in corso. E questi segnali chiari significano, innanzitutto, una maggiore concretezza della effettiva capacità di spesa dei governi centrali in investimenti e modernizzazione delle infrastrutture. Un esempio per tutti è il Recovery Fund che, come noto, richiede un’Agenzia per la sua gestione. Agenzia che, al momento, non c’è».
Per attrarre investimenti al Sud, sarà efficace la fiscalità di vantaggio o rischia di incentivare imprese «labour intensive» a scapito degli investimenti tecnologici?
«Non è detto che debba andare così. Bisogna saper pilotare sapientemente la combinazione dei due fattori per recuperare la capacità produttiva persa negli ultimi decenni. E, come noto, in un’impresa i fattori produttivi sono due: capitale e lavoro. Sul costo del capitale, l’Italia è stata fortemente svantaggiata per via delle imperfezioni della sua area valutaria, l’euro, e quindi dello spread. Il nostro sistema, per finanziare la produzione, ha dovuto intervenire sostanzialmente sul costo del lavoro. Fatta questa doverosa premessa, è evidente che per il Sud oggi c’è una grande opportunità: il Sistema dei porti, le autostrade del mare, la digitalizzazione delle loro procedure, la loro uniformizzazione. Trecento miliardi di logistica passano nel Mediterraneo, a pochi chilometri da Taranto, Bari, Brindisi e dagli altri porti del Mezzogiorno. Ci scansano, per preferire il superamento dello Stretto di Gibilterra e la interoperabilità dei porti del Nord Europa. Posso dire che, per perseguire una strategia di modernizzazione infrastrutturale sinergica, l’ADM spenderà tutti i suoi sforzi, anche a seguito di un importante protocollo che ne ha fatto strumento di indirizzo strategico per le Autorità portuali da parte del Ministero dei Trasporti».
Lei suggerì di coprire i costi delle grandi infrastrutture del Sud, con operazioni di ingegneria finanziaria parzialmente assistite da garanzia pubblica. Ritiene sia ancora necessario o basterà il Recovery?
«Penso che quelle soluzioni siano ancora concrete e attuali, perché l’Italia ha una grande disponibilità di risparmiatori che sono, però, in buona parte over-60. L’ingegneria finanziaria è in grado di riportare sotto controllo i rischi e consentire a questa massa di liquidità (superiore ai 1.000 miliardi di euro), di essere messa in circolo offrendo ai risparmiatori opportunità d’investimento soddisfacenti (in quanto simili ai titoli di Stato a breve) e diventando un potente volano per la modernizzazione del Paese. Ricordiamo che il Recovery Fund è solo una parte del fabbisogno di risorse del Paese. La disponibilità di questo primo strumento Ue a rischi condivisi, può essere usato in sinergia col risparmio nazionale».
C’è poi la colossale evasione fiscale. È un problema di tasse troppo alte?
«È evidente che il prelievo fiscale è alto come pure che serva un’attività di contrasto all’evasione. E qui mi permetta di ricordare il grande lavoro che l’ADM sta facendo, sia sul gioco sia sulle accise, per contrastare le attività illegali. Tutto ciò che è illegale e che è sommerso, divora il benessere prodotto dall’economia legale».
La limitazione del contante sarà una soluzione?
«È sempre una soluzione. Ma perché non ipotizzare una limitazione del contante attraverso la creazione di una valuta digitale di Stato? Immaginiamo che si desse la facoltà a tutti gli italiani di caricare le loro monetine, fino a 2 euro, su di una sorta di “carta elettronica” che può essere usata solo in punti vendita al dettaglio nazionali che presentano determinati requisiti, soprattutto sul fronte delle dichiarazioni IVA, tali da ritenerli dei buoni contribuenti, che dia un bonus del 20 % sulle spese e che, al contempo, offra un qualche forma di sgravio fiscale per i punti di vendita. Tutta questa moneta metallica rientrerebbe nell’economia reale, con evidenti impatti moltiplicativi».
In Consob sviluppò una procedura per la ricerca di fenomeni abusivi basata su algoritmi di intelligenza artificiale (AI). Pensa di applicarli ad attività dell’Agenzia, per contrasto e predittività dei fenomeni?
«Assolutamente sì. Sono già in corso diverse progettualità in materia di controllo e antifrode, basate su queste algoritmiche, sia in materia di dogane sia di accise sia di giochi. Parliamo di reti neurali e AI per una gestione intelligente delle nostre enormi banche dati».