BARI - «Spettanza della rinomata casa di tolleranza: svelta 1,10 lire. Per venti minuti 3,60 lire. Ora piena 7,50. Per acqua, sapone e asciugamano si pagano altre 20 lire». Come nelle case chiuse di un tempo, il tariffario era esposto nella sala di attesa. Un luogo virtuale, la piattaforma social tra le più frequentate da un pubblico di giovani e adulti.
I rapporti, tutti consenzienti, venivano consumati solo «on line» con pagamento a cottimo, più lavoro, più guadagno. Per i clienti più affezionati erano previste irrinunciabili offerte speciali. Alcuni esempi di «marchette» presi dal tariffario della rinomata casa di piacere sul web: «Videochiamata 45 minuti omaggio 10 foto 1 video e 3 dediche alla modica cifra di 40 euro»; «Videochiamata 1 ora e mezza (se si vuole anche in vari orari), per 50 euro»; «Sexchat 45 minuti in cui faccio da schiava solo 30 euro»; «10 foto dei piedini. Omaggio audio in cui dico porcate appena 10 euro; «10 foto a scelta + video masturbazione. Omaggio audio in cui dico porcate, offerta da non perdere 20». Nel menù «à la carte» c’era tutto quanto potesse soddisfare i vizzi e le voglie dei clienti.
Il particolare, non trascurabile è che a imbastire questo mercimonio e offrire le proprie prestazione «in immagine» e «in voce», ma a migliaia di chilometri di distanza fisica, sarebbero stati degli adolescenti, nativi digitali decisi a mettere a frutto le perversioni della rete. Dall’altra parte della «chat» (privata), alla ricerca di sesso consumato con minorenni sulla piattaforma social, uomini adulti inclini alla pedofilia. I contorni di questo mercato del sesso virtuale a pagamento, sono stati ricostriuti dagli investigatori della Sezione di Foggia del Compartimento di Polizia Postale e delle Telecomunicazioni, compartimento che ha la sua sede centrale a Bari e che opera sotto la guida di una donna, cosa che probabilmente rappresenta un valore aggiunto, il primo dirigente Ida Tammaccaro. I detective foggiani e baresi, coordinati dal Centro nazionale di contrasto alla pedopornografia online e protezione dei minori del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, hanno portato a galla una realtà raccapricciante, una vera e propria rete di pedofili, tutti italiani, che raccoglievano e si scambiavano materiale pedopornografico.
Le immagini re le tracce sonore, come già detto, venivano realizzate anche da adolescenti e poi vendute on line ai prezzi già citati. Gli investigatori, coordinati dai pm Silvia Curione e Rosario Plotino, rispettivamente della Procura della Repubblica presso il Tribunale e della Procura presso il Tribunale per i Minorenni, hanno eseguito 21 perquisizioni nei confronti di minori ed adulti per il reato di divulgazione di materiale pedopornografico. Le perquisizioni sono state eseguite in 12 regioni sul territorio nazionale, nelle province di Bari, Foggia, Roma, Monza Brianza, Varese, Cremona, Siena, Agrigento, Palermo, Bologna, Fermo, Ascoli Piceno, Treviso, Chieti, Savona, Imperia e Torino. L’inchiesta ha preso le mosse dalla segnalazione di due genitori insospettiti dall’intenso utilizzo di alcuni social network fatta dalla figlia quattordicenne che avrebbe addirittura «prestato» il suo account a un coetaneo, dandogli così l’opportunità di creare un suo «business parallelo», ottenendo in cambio piccole somme di denaro. Il giovanotto si sostituiva a lei chattando con adulti a quali prometteva l’invio di materiale hard in cambio di denaro, somme variabili dai 10 ai 50 euro.