Difficilmente la Puglia potrà arrivare ad analizzare i 5mila tamponi al giorno indicati qualche giorno fa dal presidente Michele Emiliano. I 2.000-2.200 esami attuali potranno essere incrementati ancora di un 10-15% dall’attuale rete di laboratori, e l’attivazione delle macchine Poct (che effettuano l’analisi in 45-70 minuti) potrebbe garantire altri 1.000-1.500 tamponi. I laboratori privati - ha spiegato ieri il capo dipartimento Vito Montanaro nel corso dell’audizione in commissione Salute - hanno invece finora dato disponibilità solo per piccole quote.
Anche per questo la Regione è intenzionata a mantenere la barra dritta sull’indicazione arrivata lunedì dall’epidemiologo Pier Luigi Lopalco: non si devono fare tamponi a tappeto nelle strutture sanitarie in mancanza di sospetti o di situazioni di rischio. Non a caso le Asl pugliesi (ha iniziato ieri Bari, sta per partire Lecce) faranno gli screening attraverso i test sierologici (quelli sul sangue), così come previsto dalle linee guida del ministero della Salute: se la ricerca degli anticorpi darà esito positivo, si procederà poi con il tampone per ottenere la conferma.
Sulla questione dei tamponi a tappeto (meglio: dei tamponi periodici) è in corso uno scontro tra la Regione e i medici universitari del Policlinico di Bari, che chiedono di «continuare» lo studio scientifico iniziato il 2 aprile. Lo studio prevede di effettuare il test sierologico su tutti gli operatori sanitari in parallelo al tampone ed ha l’obiettivo di valutare l’affidabilità degli esami rapidi sul campione di sangue e si esaurirà nei primi giorni di maggio: andare avanti ulteriormente (e ripetere il tampone) secondo Lopalco e le linee guida ministeriali è contrario alle evidenze scientifiche e oltretutto potrebbe ingenerare una falsa sensazione di sicurezza.
I primi esiti del monitoraggio a tappeto del Policlinico parlano di tre casi di positività su quasi 2mila tamponi. Nella Bat (dove sono stati effettuati tamponi a tappeto nelle strutture aziendali) nessun caso su 400 tamponi. Dal punto di vista del Policlinico questo è un ottimo risultato perché conferma la sicurezza dell’ospedale. «Lo scopo del test - spiega il professor Silvio Tafuri, responsabile della control room covid del Policlinico - è validare i test rapidi attraverso una verifica sul nostro personale. Sono state messe in atto procedure, è stata fatta formazione e sono stati creati percorsi per separare l’attività covid: volevamo capire se il Policlinico rimaneva un ospedale “pulito” dal virus.
Nell’arco di un periodo di tempo assolutamente limitato abbiamo dimostrato che la risposta è positiva. Abbiamo trovato casi covid incidentali in ambienti a elevato rischio, spegnendo così potenziali rischi: queste persone infatti non hanno contagiato nessuno. Ed è questa sicurezza che permette qui di continuare a fare trapianti di rene e di fegato nonostante si tratti di un ospedale covid».
Un successo anche secondo il direttore generale Giovanni Migliore: «I risultati dello studio - dice - finora sono esattamente quelli che ci aspettavamo e siamo molto soddisfatti, anche per aver messo su in proco tempo una control room che fa sorveglianza. Lo studio? La lettera dei è di alcuni docenti universitari e non del Policlinico. Nessuno ha chiesto di fare tamponi ripetuti sul personale. La direzione ha chiesto indicazioni alla Regione, da cui ci è stato risposto che si poteva andare avanti con lo studio che era stato condiviso».
La Regione teme tuttavia che troppi tamponi fatti al di fuori delle linee guida possano mettere in crisi il sistema dei laboratori che si regge proprio (si veda il grafico in alto) su Policlinico e Di Venere. Da mercoledì è partito anche l’Ipz di Putignano, che potrà aumentare le quantità una volta risolto il problema dell’approvvigionamento dei reagenti. Sui laboratori del barese pesano anche i pazienti di Brindisi, mentre l’Ipz di Foggia processa una parte dei tamponi provenienti dal Salento.