Sarà il Sud a «pagare» la ripartenza del Nord? L’allarme lo aveva lanciato, all’alba dell’emergenza, il presidente della Svimez, Adriano Giannola, dalle colonne della «Gazzetta». Da qualche giorno, quello che era un semplice timore è divenuto qualcosa di più grazie al documento «L’Italia e la risposta al Covid», messo a punto dal Dipe (Dipartimento di programmazione economica di Palazzo Chigi). Una bozza, in realtà, che ipotizza, oltre a una «redistribuzione» dei fondi europei, anche l’eliminazione dal Fondo Sviluppo e Coesione della ripartizione percentuale delle risorse «80-20» tra Sud e Nord, nonché della clausola del 34% quale quota minima di investimenti al Sud.
La levata di scudi è stata immediata. Dalla maggioranza all’opposizione, la classe politica meridionale ha rigettato la proposta. «Chiediamo all’esecutivo di bollare come irricevibili e dannose le proposte del documento», attacca il senatore dem Dario Stefàno. «Il governo potrebbe riuscire dove anche il virus ha fallito, cioè ammazzare il Sud», tuona a sua volta il forzista salentino Rocco Palese. «Nessuno provi a scippare risorse al Mezzogiorno» ammonisce il M5S in una nota congiunta dove, però, si ringrazia il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, per aver preso le distanze dal documento. Ed in effetti, qualche giorno fa, Provenzano aveva liquidato quei fogli come una bozza non discussa in sede politica.
Tutto risolto? Non esattamente. Perché seppur in forma diversa il governo, e lo stesso ministro, guardano ugualmente ai fondi europei e a quelli nazionali di coesione (Fsc), cioè le due «gambe» del sostegno al Mezzogiorno. Lo rileva l’eurodeputato e co-presidente del gruppo Ecr Raffaele Fitto, reduce proprio da una videoconferenza con Provenzano. «La verità è che l’Europa finora - attacca l’ex governatore - non ci ha dato un euro, quindi il governo tenta di reperire fondi altrove». L’idea di Provenzano, come lo stesso Fitto racconta in una nota, è di « tagliare il 20% dei Programmi comunitari nazionali e regionali per destinarli a interventi anticrisi». Si tratterebbe di 10 miliardi, di cui 7 destinati alle Regioni del Sud e 3 a interventi nazionali con ricadute nel Mezzogiorno. «Tuteleremo gli interessi del Sud, ovviamente, ma il dibattito sta assumendo toni stucchevoli, privi di seria autocritica». «Perché il governo pensa proprio a quei soldi - attacca Fitto - ? Il motivo è semplice e nessuno lo sta ricordando: perché le Regioni non li spendono. Vale il caso della Puglia che su 7,1 miliardi disponibili, a dicembre 2019 ne ha impegnati solo 3,5.». Concetto, quest’ultimo, ripreso anche dall’azzurro Nino Marmo: «Il governo non scippa soldi al Sud, è Emiliano che non li ha spesi»
Quale la soluzione, dunque? «Se dirotti altrove i fondi europei - risponde Fitto - il Sud li perde due volte perché poi non sarà possibile rimetterli al loro posto. Meglio puntare sul Fondo Sviluppo e Coesione. Sono risorse nazionali. Il governo, dopo averle impegnate, potrebbe più avanti rimetterle al loro posto. Non si tratterebbe di un taglio, ma solo di spostare in avanti la spesa con l’impegno di aumentare la dotazione del Fondo nel prossimo ciclo»