BARI - E’ «Un’assurdità» per l’ex assessore all’Agricoltura della Regione Puglia, Leo Di Gioia, che «137 aziende» agricole «dopo essere state escluse a mezzo pec» dalla graduatoria del Psr, misura 4.1A, «sono oggi riammesse in graduatoria e divenute beneficiarie o potenzialmente beneficiarie di risorse ingenti».
Il consigliere regionale di maggioranza aveva chiesto lo scorso dicembre l’audizione in Commissione del governatore Michele Emiliano per chiarimenti sulla graduatoria del Psr. Emiliano questa mattina non era presente, ma al suo posto sono stati ascoltati la dirigente dell’Autorità di Gestione del Psr, Rosa Fiore, e il direttore del dipartimento Agricoltura Gianluca Nardone. «Ho avuto la possibilità - commenta Di Gioia - di spiegare il mio punto di vista e di confrontarmi con la struttura regionale su una serie di atti e decisioni, assunti a partire da luglio, che a mio avviso compromettono la solidità dell’attuazione del programma agricolo pugliese». «Ho sottolineato - prosegue - l’assurdità del fatto che circa 137 aziende (dato fornito dalla Regione) dopo essere state escluse, a mezzo pec definitiva, sono oggi riammesse in graduatoria e divenute beneficiarie o potenzialmente beneficiarie di risorse ingenti. A mio avviso l’adozione delle determine di luglio da parte della Autorità di gestione, travalica i poteri dirigenziali e contrasta con i principi basilari di par condicio e terzietà della Pubblica amministrazione». «Non trovo congruo - sottolinea - riammettere aziende cui si era rilevato il non rispetto della regolarità contributiva, che non hanno dimostrato la bancabilità e che non disponevano di permessi ed autorizzazioni. Errori che peseranno in maniera importante sul futuro della programmazione e che a mio avviso concorrono al mancato raggiungimento degli obiettivi di spesa, anche alla luce della revoca dell’emanato nuovo bando sugli investimenti. Il confronto è stato serrato ma leale anche se sono mancate le risposte politiche e le questioni tecniche restano in gran parte ancora sub iudice al Tar e al Consiglio di Stato». «La mia richiesta è chiara: gli atti modificativi dei bandi e le concessioni alle aziende non in origine beneficiarie, ma recuperate alla luce delle sopravvenute disposizioni - conclude - vanno revocati in autotutela».