Cartelloni informativi, ma anche team di esperti e coinvolgimento delle scuole. Fa leva anche su questi strumenti il decreto Centinaio (ha ottenuto il via libera della Conferenza Stato-Regioni) per il contrasto alla Xylella fastidiosa. Nel piatto cento milioni di euro che ci si augura possano risultare utili a sottrarre alla ferocia del batterio gli ulivi pugliesi non ancora colpiti. Un auspicio che fa i conti con un provvedimento che - stando alle sensazioni - pare poco stringente, non operativo.
Nel decreto non passa inosservato il ceffone ai negazionisti: «Non è possibile curare le piante affette dalla batteriosi. Per questo è importante intervenire sul vettore sputacchina con un programma di lotta integrata». Ma vediamo come, in concreto. Attraverso il controllo degli insetti e la tempestiva riduzione delle fonti d’inoculo. Previsto l’obbligo di utilizzare gli insetticidi fra maggio e ottobre: il primo trattamento dovrà essere effettuato entro due settimane dallo sfarfallamento del vettore. Ma resta di primaria importanza il ruolo svolto dal monitoraggio degli insetti giovani e adulti. Il controllo delle sputacchine giovani potrà essere eseguito solo con un’osservazione diretta delle piante erbacee, mentre quello degli adulti potrà essere svolto con un retino entomologico o, quando non sia possibile, con trappole adesive gialle, sia sulla copertura erbacea che sulla chioma dell’ulivo.
Gli interventi di lotta al vettore saranno obbligatori - almeno nei propositi - nelle zone di intervento da quarantena, ossia «cuscinetto» e nei primi 20 chilometri dell’adiacente zona infetta da Xylella, denominata anche «zona di intervento obbligatorio». Sotto la lente anche le erbacce, in cui la sputacchina depone le uova: dovranno essere rimosse in marzo-aprile. Nel decreto si sottolinea che, «sulla base delle esperienze in questi anni di sperimentazione sul campo e di conoscenze acquisite, alla trinciatura sono da preferire le lavorazioni del terreno che comportano l’interramento delle erbe infestanti».
La potatura «può avere un‘importanza complementare»: riduce la massa di vegetazione e quindi la possibilità per i vettori di insediarsi; riduce l’umidità nella chioma, condizione prediletta dalla sputacchina e assicura una migliore penetrazione degli agrofarmaci, permettendo di limitarne le quantità utilizzate. Grande attenzione viene riservata agli attrezzi adoperati per la potatura. Dovranno essere disinfettati con soluzione di ipoclorito di sodio al 2% o con sali quaternari d’ammonio prima e durante l’utilizzo per evitare di diffondere altri patogeni dell’ulivo. I terreni dovranno essere arati. Come è noto, questa è una delle operazioni più efficaci per la distruzione delle uova delle sputacchine. Un’occhiata particolare ai vivai: dovranno rilasciare il passaporto delle piante per assicurare la tracciabilità. E a questo proposito le perplessità circa un’impennata dei prezzi finali non appaiono infondate.
E veniamo a uno degli aspetti più salienti della questione: il ripristino del potenziale produttivo nelle aree colpite. «Rappresenta - si legge nel decreto - una delle priorità principali del piano per sostenere un’economia che vede nella filiera agricola il principale settore produttivo; per conservare un paesaggio agrario di straordinaria unicità e bellezza ed evitare l’abbandono dei terreni» che costituirebbero un fortissimo serbatoio di ulteriore diffusione della batteriosi. Da sottolineare che il decreto dipana ogni dubbio: l’abbandono apre le porte alla Xylella.
Si passa quindi alla rimozione degli ulivi disseccati. «Il piano - si legge nel provvedimento - intende favorirla, nella zona infetta, in quanto condizione essenziale per ricostruire il patrimonio produttivo locale». Per quanto concerne il reimpianto, il decreto sostiene le riconversioni con varietà resistenti di ulivo e finanzia l’espianto e il reimpianto per investimenti produttivi in azienda. Su questo punto, si prova delusione: ci si augurava che il provvedimento prevedesse un meccanismo limpido, che desse un calcio alla burocrazia, in modo da consentire agli agricoltori esausti di sradicare gli scheletri degli ulivi divorati dal batterio e gettare così le fondamenta di un futuro sempre più incerto. La Gazzetta ha pubblicato le foto di alcuni campi salentini in cui i conduttori, non potendo rimuovere - per la burocrazia - gli ulivi disseccati, hanno, per disperazione, piantato piccoli alberelli, esponendo questi ultimi al rischio contagio.