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Pansa: se l’Italia si salverà sarà per merito di Mattarella

 
Michele De Feudis

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Michele De Feudis

Pansa: se l’Italia si salverà sarà per merito di Mattarella

Le parole del giornalista-saggista sempre più critico nei confronti della coppia di governo Di Maio-Salvini

Martedì 02 Ottobre 2018, 18:42

18:46

Giampaolo Pansa, il governo Conte ha salutato l’approvazione del Def con i ministri Luigi Di Maio e Barbara Lezzi in prima fila sul balcone di Palazzo Chigi. Che impressione le ha fatto questa immagine?
«Pessima. Sono dei morti che camminano. Festeggiano ma non sanno che la loro epoca è già finita. L’Italia è un paese perduto, che attraversa una crisi totale ed ha un governo di fantocci pasticcioni».
(Pansa, giornalista e scrittore autore di best seller come “Il sangue dei vinti”, ieri ha compiuto 83 anni e ha commentato con La Gazzetta il momento politico evidenziando un realismo reso acuminato dalla lunga esperienza vissuta raccontando in prima linea le vicende del Palazzo. Il suo ultimo libro è “La repubblichina”, edito da Rizzoli).

Eppure i sondaggi registrano una luna di miele tra popolo e governo giallo-verde.

«Il nostro avvenire è buio e cresce il fastidio degli italiani, sentimento che per ora non risalta. Ma quando emergerà, spazzerà tutto. Poi sulla parola “popolo” ho delle riserve».

Prego.

«Non la userei. È una parola grandissima, può essere una espressione trionfale di una democrazia o la sua tomba. La costituzione non prevede il popolo, ma i partiti, i governi, i contrappesi e un presidente della Repubblica capace, come credo sia Sergio Mattarella. C’è da sperare che il finale non sia crudele: i partiti non hanno più dignità, le sinistre sono morte. La manifestazione di Roma? È inutile fare queste sfilate. L’avevano prevista il giorno del derby tra Roma e Lazio. Il povero Martina ogni volta che lo vedo sembra un Cristo che scende dalla croce e poi ci risale».

Renzi?

«Non c’è più. È un signore che cerca di tenere alto il suo stendardo. Ho capito chi fosse fin dall’inizio: l’ho chiamato per primo “bullo” e “superbullo”».

L’introduzione del reddito di cittadinanza sarà la panacea per i giovani del Sud?

«Nel Mezzogiorno i ragazzi hanno problemi grandi. Questo reddito a cosa serve? A nulla. Riceveranno pochi soldi, che non accontenteranno la gran parte delle persone a cui sono destinate le risorse. È un trucco. Quando sento parlare di reddito di cittadinanza, faccio gli scongiuri».

L’anima di sinistra dei 5stelle, vicina a Roberto Fico, quanto tollererà il protagonismo di Salvini?

«I 5stelle non sono il partito di Fico, un signore che si è distaccato e ha il vantaggio di essere il presidente della Camera. La cifra dei grillini è l’incompetenza. Se guardo Di Maio, mi chiedo dove può andare un paese così. Al vicepremier grillino non affiderei nemmeno una portineria. Non sa nulla, parla sempre. Avevo inventato il “parolaio rosso” per Bertinotti, Di Maio è il “parolaio bianco”, e fa più danni dell’ex leader di sinistra».

La cavalcata del «capitano» leghista Matteo Salvini l’ha commentata fin dai primi passi sulle colonne de La Verità. È il leader della nuova destra italiana?

«Ho grande rispetto per La Verità, a cui il direttore Maurizio Belpietro mi chiese di prender parte con il mio “Bestiario”. Mi sono poi dimesso da quel giornale quando ho visto che la deriva salviniana diventava incontrollabile. Ho rinunciato alla collaborazione. Ho risparmiato una vita, non faccio vacanze costose, le mie finanze le amministra mia moglie, Adele Grisendi. Cosa voglio di più dalla vita?».

Dicevamo di Salvini…

«Non può vivere perennemente in campagna elettorale. Ha tra le mani un ministero tra i più importanti, con l’Economia. Non fa un passo senza pensare a quando ci saranno nuove elezioni e al suo bottino di voti. Perché mi devo fidare di lui? Potrebbe andarsene in Alaska e a me non mancherebbe».

Il ministro Tria dopo il Def?

«Viene fuori male. So poco di lui, è un accademico. Quando è stato costretto a subire i numeri, doveva dire “fatevela voi la Finanziaria”. È stato contagiato dal desiderio delle poltrone, che in Italia piacciono a quasi tutti. L’incapacità di fare un passo decisivo lo danneggerà».

Nascerà un fronte “repubblicano”?

«Non nasce nulla. L’Italia è andata. È un agglomerato con città bellissime, come mi è apparsa Bari».

Intanto si aggira un americano a Roma, il sovranista Steve Bannon.

«Una patacca, non parla nemmeno l’italiano. Viene qui e cosa spera di trovare, il Bengodi?».

Al Sud il governatore Michele Emiliano su Tap e Ilva ha posizioni sovrapponibili a quelle del M5S.

«Emiliano prima mi piaceva, ora non capisco perché prende certe decisioni…».

Che autunno c’è da attendersi?

«Mattarella è un punto fermo. È un signore che conosco bene. Un democristiano in un colloquio mi ha definito Mattarella così: “è la goccia che cade”. Sembra che non ci sia e invece c’è, e pensa alle soluzioni. Bisogna seguire con attenzione il presidente. Se l’Italia si salverà, il merito sarà suo».

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