È una sentenza annunciata da tempo ma che non si pensava di queste proporzioni, come tutte le cose opache che hanno accompagnato l’ex municipalizzata Amica e che ancora attendono una verità politica e processuale.
Il Comune di Foggia, infatti, è stato condannato al pagamento di 27 milioni di euro per il fallimento di Amica spa. Il Tribunale di Bari con la sezione specializzata in materia di Impresa, presieduta da Raffaella Simone, ha emesso la sentenza che ha visto soccombere il Comune di Foggia, socio unico della società, e 16 dirigenti ed ex amministratori.
Insieme all’ente, sono stati condannati in solido altri soggetti (ex dirigenti o amministratori della municipalizzata): Elio Aimola (13.718.891,54), eredi di Michele Milano (2.462.563,94), Saverio Balestrucci (2.462.563,94), Luigi e Paola Brigida, in qualità di eredi di Brigida Raffaele, (13.718.891,54), Maria Teresa Zingrillo (13.718.891,54), Lucia Murgolo, (1.842.453,92), Fabrizio Cangelli (1.842.453,92), Carlo Marconi (973.371,88), Michele Simone (6.095.059,99), Dora Pecorella e Giuseppe Marasco, in qualità di eredi di Francesco Paolo Marasco (12.747.215,31), Mario Mancaniello (18.926.928,91), Giuseppe Salvato (18.926.928,91). In capo agli stessi vi è inoltre la curatela e le spese processuali, per un totale di 57.698 euro.
Rispetto alla sentenza non c’è ancora una posizione ufficiale da parte dell’Amministrazione comunale in carica che, verosimilmente, annuncerà la presentazione di un ricorso. Si vedrà. Certo che se il Comune è chiamato a intervenire con queste somme non si capisce ancora oggi la motivazione del fallimento che ha portato poi ad avere un gestore diverso del servizio raccolta rifiuti, ovvero l’Amiu, partecipata al 22% dal Comune di Foggia dopo la firma di patti parasociali all’attenzione della magistratura.
Pochi i commenti politici, a parte uno dei Cinquestelle che, tra le altre cose affermano: «In questa vicenda avevamo suggerito per tempo una transazione meno dolorosa per le casse comunali, in grado di tutelare l’interesse pubblico evitando un epilogo così impattante. Ma ogni tentativo, di questo come altri, è rimasto inascoltato. Ora più che mai serve un cambio di paradigma: servono regole certe, manager competenti, controlli indipendenti e una visione che metta al centro l’interesse pubblico, non il tornaconto di pochi.»
Nelle carte che accompagnano la sentenza si afferma, tra le altre cose, che “nella predisposizione dei bilanci, i consulenti nominati da questo Tribunale hanno individuato diverse irregolarità e incongruenze poste in essere dai vari amministratori che si sono succeduti negli anni, in spregio ai principi di prudenza, chiarezza, veridicità e correttezza”. “Tra le altre incongruenze, i tecnici hanno segnalato l’appostazione, nel bilancio 2006, di un credito verso il Comune di Foggia che la società di revisione ha ritenuto dovesse essere svalutato. Il collegio incaricato ha evidenziato anche una serie di omissioni dell’organo di amministrazione, fonte di danno per la società e, di conseguenza, per i creditori sociali. In particolare, alcune operazioni contabili, oggetto anche di accertamento in sede fiscale, tendevano a minimizzare la grave perdita di capitale sociale impedendo ai creditori di avere contezza dell’effettiva situazione patrimoniale della società ed inducendoli a continuare a fornire beni e servizi, facendo essi affidamento sulla solvibilità di Amica spa”, si sottolinea nella documentazione che accompagna la sentenza del Tribunale di Bari.