FOGGIA - Confermata in appello la condanna a 1 anno e 5 mesi di un giovane foggiano (ha 19 anni, all’epoca dei fatti era minorenne) accusato di concorso in porto illegale di una pistola e favoreggiamento nei confronti dell’amico e coetaneo baby-killer che il pomeriggio del 27 novembre 2022 uccise a colpi di pistola nei giardini di via Saragat, il ventunenne Nicola Di Rienzo. La sezione minorile della corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza del 27 novembre 2023 pronunciata del gup: condannò l’ex minore, ritenendo che insieme a un amico maggiorenne avesse aiutato l’omicida a far sparire l’arma del delitto, buttandola in un tombino. Il pg aveva chiesto la conferma della condanna; la difesa l’assoluzione; annunciato ricorso in Cassazione. L’imputato fu arrestato il 13 luglio 2023 e posto in comunità (mentre il maggiorenne finì inizialmente in carcere): venne rimesso in libertà in occasione del verdetto di primo grado.
Nicola Di Rienzo fu ucciso con 5 pistolettate esplose da uno studente diciassettenne che subito dopo si costituì in Questura: sconta una condanna definitiva a 10 anni. L’omicida raccontò d’aver sparato all’amico perché non intendeva più rubare per lui e con lui, al che Di Rienzo l’aveva minacciato e preteso che gli consegnasse 500 euro al mese. Versione alla quale poliziotti, pm e giudici non credettero, ipotizzando che il delitto fosse legato a contrasti nel mondo dello spaccio di droga.
Mai ritrovata l’arma; l’omicida disse d’averla buttata nei giardini di via Saragat. Secondo poliziotti e Procure di Foggia e Tribunale per i minori, invece, la pistola fu fatta sparire da 2 amici del baby-killer: il coetaneo ora riconosciuto colpevole anche in appello; e Alessandro Scotece, classe 2004, maggiorenne all’epoca dei fatti, condannato in primo grado il gup del Tribunale dauno a 2 anni e 8 mesi lo scorso 26 gennaio. Sono accusati di porto illegale di pistola e favoreggiamento “per aver aiutato l’omicida a eludere le investigazioni, prelevando l’arma e occultandola in un luogo imprecisato”.
Secondo la ricostruzione accusatoria, Scotece era accanto al baby-killer e assistette (senza aver alcun ruolo) nell’omicidio: prelevò la pistola, si incontrò subito dopo col coimputato minorenne, raggiunsero la vicina via Natola, e buttarono l’arma in un tombino. L’accusa poggia su intercettazioni. Il 13 maggio 2023 Scotece parlando del delitto con alcuni amici disse: “io stavo là, mi sono trovato. Sono rimasto a fianco di Nico quando…” (seguono parole incomprensibili) “si è alzato, se n’è andato, ha fatto due o tre passi” (riferito alla vittima che si rialzò dopo le prime pistolettate) “e poi gli ha buttato altre due botte da dietro”, parole queste ultime riferite all’omicida. Il coimputato ex minorenne si trova coinvolto nell’inchiesta anche per una captazione ambientale del 4 aprile 2023 così trascritta durante le indagini: “io dico la verità, si è preso la pistola” (riferito a Scotece) “è venuto vicino a me, me l’ha data; io che ne sapevo che c… fosse successo”.
Interrogato dopo l’arresto, il ragazzo ammise d’essere stato in compagnia di Scotece quando questi si disfece di un pacco, senza però sapere che custodisse la pistola; e negò d’aver mai detto d’essere entrato in possesso dell’arma sia pure per pochi minuti. Una perizia fonica chiesta dalla difesa nel processo di primo grado gli diede ragione perché la trascrizione dell’intercettazione è la seguente: “io gli dico la verità, quello è venuto vicino a me” (segue parola incomprensibile) “non sapevo che c.. era successo”. Senza quindi alcun riferimento alle parole incriminanti: “s’è preso la pistola e me l’ha data”. Da qui la richiesta difensiva di assoluzione ribadita in appello, ma che non ha fatto breccia nei giudici; l’imputato - ha sostenuto in arringa il legale - non sapeva che Scotece avesse l’arma; e nel maggio 2023 indicò ai poliziotti la zona dove il coimputato si era disfatto del pacco: la squadra mobile fece svuotare tutti i tombini della zona di via Natola, la pistola non fu trovata.