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San Severo, niente sconti per le donne del clan

 
Redazione Foggia

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San Severo, niente sconti per le donne del clan

Restano ai «domiciliari» Fusillo e Annarelli, carcere per Colapietra e torna in libertà Di Matteo. Verdetto rinviato per gli altri indagati nel blitz della polizia che ha fermato una sfida dal sapore mafioso

Giovedì 27 Aprile 2023, 14:10

SAN SEVERO - Gravità degli indizi confermata in relazione al possesso armi: quindi restano agli arresti domiciliari Anna Lori Fusillo, di 50 anni, e Valentina Annarelli, 31 anni, rispettivamente madre e vedova di Luigi Ermanno Bonaventura ucciso in un agguato mafioso il 14 agosto 2021 a San Severo. Carcere confermato per Alessandro Colapietra, 29 anni, ritenuto schierato con il clan rivale dei Bonaventura; annullamento dell’ordinanza cautelare e scarcerazione per il solo Ernesto Moreno Di Matteo, 32 anni; mentre la posizione di Antonio e Morris Miki Bonaventura di 30 e 19 anni fratelli del defunto Ermanno, entrambi detenuti in carcere, verrà valutata nelle prossime ore.

E’ quanto deciso dai Tribunale della libertà di Bari che si è pronunciato e si pronuncerà a breve sulle istanze di scarcerazione di 6 dei 7 sanseveresi arrestati per possesso di armi da squadra mobile e agenti del commissariato nel blitz del 31 marzo su ordinanze del gip di Bari (4 in carcere, 3 ai domiciliari) chieste dalla Dda. Gli indagati sulla scorta essenzialmente di intercettazioni sono accusati a vario titolo di 8 imputazioni di detenzione e porto illegale di armi, con la contestazione in 6 casi dell’aggravante della mafiosità perché «le armi venivano detenute e portate in luoghi pubblici nel contesto di una guerra criminale»; peraltro il giudice per le indagini preliminari ritenne sussistente l’aggravante per una sola imputazione ai danni di Colapietra.

L’indagine è una costola dell’inchiesta sull’estate di sangue vissuta nel 2021 a San Severo. La notte dell’11 luglio un sicario ancora ignoto a bordo di una “Vespa” sparò e uccise Matteo Anastasio sceso in strada per festeggiare la vittoria agli “Europei” della nazionale di calcio, e che percorreva viale Matteotti alla guida di uno scooter, insieme alla compagna rimasta illesa e al nipotino di 6 anni che fu gravemente ferito. Il pomeriggio del 14 agosto due o tre killer, al momento ancora impuniti, da una “Jeep Renegade” fecero fuoco in corso Mucci ammazzando Luigi Ermanno Bonaventura, ferendo un passante e un ragazzino che erano in zona. Investigatori e Dda ipotizzano che si trattò di un botta e risposta «tra la compagine criminale riferibile a Colapietra e quella riconducibile alla famiglia Bonaventura», che si sarebbe armata meditando vendetta.

Nel ricorso al Tribunale della libertà di Bari gli avvocati Giuseppe Casale per madre e vedova del defunto Bonaventura accusate di un episodio a testa di armi; Ettore Censano per Colapietra e Di Matteo che rispondono rispettivamente di 2 e 1 contestazioni di armi (l’avv. Censano assiste anche i fratelli Antonio e Morris Miki Bonaventura accusati ciascuno di 2 imputazioni) hanno chiesto l’annullamento delle ordinanze del gip parlando di indizi insufficienti. Discorso quello difensivo che ha retto per il solo Di Matteo, scarcerato: peraltro i giudici hanno dichiarato anche l’incompetenza del gip di Bari a pronunciarsi sulla posizione di Di Matteo a favore del gip di Foggia. In occasione del blitz del 31 marzo la Polizia eseguì una serie di perquisizioni e sequestrò un arsenale che sarebbe stato custodito da Morris Miki Bonaventura che fu arrestato quindi anche in flagranza per detenzione illegale di 2 mitra. 4 pistole, 1 silenziatore e 300 munizioni: il giovane si dichiara innocente.

L’indagine coinvolge infine un vice-sovrintendente della polizia locale, Lorenzo De Cesare di 48 anni, che fu sospeso dal gip di Bari per un anno per omessa denuncia, favoreggiamento e rivelazione di notizie d’ufficio: non avrebbe denunciato il possesso illegale di una pistola da parte di Morris Miki Bonaventura di cui avrebbe saputo dal fratello Antonio Bonaventura quando si recò a casa di questi per la notifica di un atto giudiziario. L’ordinanza fu revocata perché la misura interdittiva può essere emessa solo dopo l’interrogatorio dell’indagato che in quel caso non ci fu: l’interrogatorio si è svolto successivamente e De Cesare (sospeso comunque dal comando della polizia urbana) respinse le accuse: è difeso dall’avv. Angelo Masucci.

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