BARI - Almeno fino al 2016, quando la Regione ha imposto una serie di modifiche statutarie, le Sanitaservice non potevano essere considerate società in-house delle Asl pugliesi. È per questo che la Terza sezione di appello della Corte dei conti ha dichiarato il difetto di giurisdizione sulle spese pazze della Sanitaservice di Foggia, per le quali nel 2019 i giudici pugliesi avevano condannato l’ex amministratore unico, Antonio Di Biase, a risarcire 480mila euro.
Il collegio erariale di secondo grado (presidente Giuseppina Maio, relatore Antonio Di Stazio) ha dunque accolto il ricorso degli avvocati di Di Biase, nei cui confronti era già stato eseguito un sequestro conservativo. L’ex amministratore unico, che del progetto delle Sanitaservice (volute dall’ex governatore Nichi Vendola per «internalizzare» i dipendenti delle aziende appaltatrici delle Asl) è stato uno dei protagonisti. Secondo le indagini svolte dall’allora vice-procuratore regionale Pierpaolo Grasso, in parallelo con una inchiesta della Procura di Foggia (che si è poi conclusa con una sentenza di assoluzione), tra il 2011 e il 2016 Di Biase si era autoliquidato aumenti di stipendio, acconti illegittimi sul trattamento di fine mandato e 112mila euro per spese di rappresentanza «che per nulla risultano riconducibili alle finalità socio assistenziali» della Sanitaservice: dalle sponsorizzazioni per squadre di calcio ai pernottamenti in hotel di lusso. E poi vari fringe benefit non dovuti: il telefonino aziendale e l’uso a fini personali delle auto di servizio...