FOGGIA - “L’eliminazione fisica di Antonio Fratianni era volta a riaffermare la supremazia sul territorio del clan Francavilla dopo che la vittima designata aveva non solo disatteso le pretese economiche della batteria, ma aveva anche osato ordire un mortale agguato a un boss del clan” (Antonello Francavilla, ndr). “Erano evenienze che imponevano di riaffermare la credibilità del sodalizio sul territorio, inviando un messaggio forte e univoco non soltanto agli associati delle altre batterie della Società foggiana, ma anche ad altri imprenditori che si trovavano o si sarebbero trovati nelle medesime condizioni”. Lo scrivono i tre giudici del Tribunale della libertà di Bari in un passaggio delle motivazioni del provvedimento con cui un mese fa (come pubblicato dalla Gazzetta il 28 agosto ndr) rigettarono le richieste difensive di scarcerare 4 dei 6 foggiani fermati dalla squadra mobile il 22 luglio su decreti della Dda per tentato omicidio di Fratianni aggravato dalla mafiosità. Agguato che doveva avvenire la sera del 26 giugno, sventato dalla squadra mobile che in quel periodo intercettava alcuni dei sospettati.
Il blitz portò dietro le sbarre Emiliano Francavilla, 43 anni, al vertice dell’omonimo clan, scarcerato a fine marzo dopo quasi 12 anni in cella per vari processi; il genero Giovanni Consalvo, 31 anni; Michele Ragno, 46 anni; Giuseppe Sonnino, 51 anni (i 4 indiziati i cui ricorsi difensivi sono stati rigettati dal Tdl); Mario Lanza, 65 anni; il figlio Antonio Lanza di 42 anni; e un dipendente di Fratianni scarcerato poche ore dopo il fermo su disposizione della stessa Dda per la collaborazione fornita. Fratianni è stato a sua volta fermato il 2 agosto su decreto della Dda di Roma in quanto accusato di aver tentato di uccidere Antonello Francavilla (fratello maggiore di Emiliano, come lui ritenuto uno dei capi della batteria Sinesi/Francavilla) e il figlio minorenne, nell’agguato avvenuto il 2 marzo scorso a Nettuno nell’abitazione dove il malavitoso era ai domiciliari. A dire dell’accusa Fratianni voleva uccidere Antonello Francavilla per non restituirgli un ingente somma di denaro ricevuta due anni prima per costruire un palazzo. L’imprenditore, che si dice innocente e sostiene d’essere vittima di un tentativo di estorsione da parte di Antonello Francavilla, doveva quindi essere ammazzato – secondo giudici e poliziotti – sia per non aver restituito i soldi avuti dal clan Francavilla/Sinesi per investirli, sia per aver cercato di ammazzare Antonello Francavilla e il figlio.
Gli avvocati Claudio Caira (per Emiliano Francavilla E Consalvo) e Antonello Genua (per Ragno e Sonnino) ricorreranno in Cassazione contro la decisione del Tribunale della libertà di Bari. I legali sostengono che non ci sono indizi gravi a carico degli indagati; e comunque pur ammettendo l’esistenza di un piano per uccidere Fratianni, non entrò nella fase esecutiva per cui il reato non sussiste “per inidoneità dell’azione”. Per il Tdl invece “gli indagati capeggiati da Emiliano Francavilla attuarono concretamente il programma criminoso; posizionarono un gps sull’auto della vittima per monitorarne movimenti e apprenderne abitudini di vita; individuarono la base logistica nella proprietà dei Lanza a pochi chilometri dal casello autostradale dell’A/14 dove avrebbero compiuto l’attentato; reperirono quanto necessario ad agire (Fiat 500 rubata, torce auto incendiati e benzina per distruggere macchina e tracce dell’agguato); individuarono precisi ruoli; s’appostarono armati in attesa dell’arrivo della vittima, dopo la partenza del dispositivo gps. Si è quindi andati ben al di là della mera programmazione dando inizio all’azione esecutiva”.