Meno grano in circolazione, «silos quasi vuoti» denunciano agricoltori e mugnai. Riserve dunque al minimo nei pastifici e nei mulini che monitorano il consumo di pasta e di derivati da forno in genere per il mercato, prodotti comunque anche questi non più richiesti come in epoca pre-Covid lo denuncia Italmopa (ne riferiamo a parte). Ma soffermiamoci sul prezzo del grano in caduta libera: contravvenendo alle leggi del mercato (meno offerta, quotazioni in aumento) il prezzo del «duro» e degli altri cereali continua a perdere quota. L’entusiasmo degli agricoltori foggiani, con quotazioni spintesi fino al tetto ad oggi inarrivabile di 33,50 euro (prezzo massimo al quintale subito dopo il raccolto di fine giugno), è durato lo spazio di un paio di settimane. Poi è cominciata la discesa, inesorabile e una tendenza destinata ancora al ribasso: ieri altri 0,20 centesimi perduti e prezzo massimo del listino a quota 30 euro il quintale.
La causa principale viene addebitata alle massicce importazioni di grano dall’estero nei porti di Bari e di Manfredonia, intensificatesi proprio in prossimità del nuovo raccolto foggiano. Così in poco più di un mese, dal 24 giugno fino a ieri, il grano duro fino ha perso circa 3,50 euro il quintale. «Speculazioni belle e buone», attaccano le organizzazioni agricole Coldiretti, Cia e Confagricoltura. Al punto che c’è chi ipotizza adesso il ricorso a una sorta di “sciopero bianco”, cioè potremmo trovarci di fronte a ordini rifiutati dalle aziende per prezzo insoddisfacente.
«Qualcuno ci sta già pensando - afferma Saverio Di Mola, responsabile della sezione di prodotto di Confagricoltura Foggia - è una speculazione che non si giustifica, tutto guadagno sottratto agli agricoltori e ai commercianti che poi sostanzialmente vivono del nostro lavoro». La commissione per la rilevazione dei prezzi riunitasi ieri per l’ultima volta prima della pausa estiva (riaprirà il 26 agosto) ha confermato le incertezze di una campagna granaria che non riesce a veder esaurire le proprie quantità nemmeno di fronte al calo del 30% di raccolto in Capitanata. Gli industriali si difendono: per soddisfare il fabbisogno nazionale siamo obbligati ad acquistare grano dall’estero. Ma proprio perchè il nostro paese non è in grado di rispondere a tutta la domanda che il grano prodotto in Italia dovrebbe esaurirsi in un baleno. E invece finisce spesso in coda al «Canadese» (il più gettonato), preferito per un maggior tasso di proteine così almeno si difendono pastai e mugnai.
Ma se poi cresce anche la qualità del grano nazionale, come ormai attestato dalle migliaia di contratti di filiera stipulati anche in Capitanata, la giustificazione non regge più. «Dobbiamo riuscire ad invertire la rotta, vendendo il grano adesso il prezzo continuerà a scendere. Le aziende hanno scadenze immediate a cui far fronte», l’appello lanciato da Confagricoltura Foggia alla vigilia dell’ultima seduta in Camera di commercio. Ma le altre componenti (commercianti e industriali) sanno di potersi avvantaggiare delle divisioni interne nel mondo agricolo, peraltro emerse proprio nelle ultime settimane in commissione prezzi considerato che il voto sul listino non avviene più all’unanimità, come in periodi di calma piatta, ma ora sistematicamente a maggioranza. E non sempre gli agricoltori votano compatti e uniti nella stessa direzione.