Martedì 30 Dicembre 2025 | 20:07

Giustizia, il rischio di una Costituzione china alla politica

Giustizia, il rischio di una Costituzione china alla politica

 
Ettore Jorio

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Ettore Jorio

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La parola al popolo. Da essa dipenderanno le sorti di quella revisione costituzionale, erroneamente chiamata «riforma della giustizia»

Martedì 30 Dicembre 2025, 16:28

La parola al popolo. Da essa dipenderanno le sorti di quella revisione costituzionale, erroneamente chiamata «riforma della giustizia» che assume, di fatto, due obiettivi politici: certamente, quello di separare le carriere della magistratura requirente da quella giudicante; verosimilmente, quello di condizionare politicamente l’operato dei Pubblici ministeri.

Potrebbe anche starci, ma occorrerebbe dirlo, per consegnare consapevolezza ai cittadini elettori referendari. Occorre renderli edotti del sogno governativo filo americano ove gli U.S. Attorneys (da noi, i giudici costituzionali e alcuni consiglieri di stato nonché alcuni giudici contabili) vengono nominati dal Parlamento e dal Capo dello Stato. Quelli invece riferiti ai District Attorneys (da noi, i PM) vengono eletti democraticamente ovvero, ma raramente, nominati dai Governatori di alcuni Stati (New Jersey, Connecticut e Alaska), politicizzando così l’azione penale. In una scelta così gravosa, in assenza del voto della maggioranza assoluta dei componenti le Camere (art. 138,1, Cost.), il popolo è quindi chiamato alle urne. Ma deve sapere, ciò che a tutt’oggi non sa. Perché portato a passeggio con giustificazioni che appaiono destinate a chi non è in grado di capire che i PM e la magistratura giudicante sono nati nella separatezza assoluta, indipendentemente dalla prossimità delle loro stanze. Guai se non fosse stato così.

Dunque, il popolo è sovrano nel modificare la Costituzione, sia allorquando decide con la maggioranza assoluta dei propri diretti rappresentati che quando sancisce la sua volontà di modificarla con il referendum confermativo.

Proprio per questa sua caratteristica, attraverso il Parlamento sarebbe dovuto essere più custode democratico dei guardiani dei bilanci. Di quella Corte dei conti che è stata colpita al cuore dal Governo, delegittimandone l’esistenza pretesa dalla Costituzione all’art. 100. Ciò non nel senso di proporre una ulteriore revisione costituzionale bensì attraverso un Ddl (Foti), funzionale a: ridurre la responsabilità erariale dei dirigenti (fino a due annualità lorde dello stipendio del responsabile); introdurre forme di controllo preventivo sugli atti in corso d’opera allo scopo di escludere responsabilità; ampliare la funzione consultiva della Corte nei confronti anche di Regioni ed enti locali in materia di bilancio e controlli; imporre assicurazioni pubbliche a carico dei soggetti responsabili di danno erariale; applicare (sic!) le nuove norme anche ai giudizi in corso, facendolo diventare un condono vero e proprio attraverso la sua applicazione retroattiva. Non solo. Quanto alla sua efficacia sul territorio nazionale, la riforma approvata ne decimerà l’organizzazione: via tante sedi di Procure regionali e sottomissione delle decisioni territoriali ai visti degli organi di giudizio superiori. Di conseguenza, povero il Mezzogiorno dei bilanci spinto all’angolo da una eventuale deterritorializzazione della magistratura contabile.

La sensazione che ne viene fuori la insofferenza dell’Esecutivo verso il sistema dei controlli, esasperata dopo lo stop al Ponte sullo Stretto. Una intolleranza verso i controlli che è però manifesta anche nelle opposizioni, cui un indebolimento dell’azione della Corte dei conti fa comodo ai suoi decisori pubblici. Da qui, un referendum abrogativo non istituzionalizzato, perché preteso da popolo. Quello dimostrativo della volontà popolare di pretendere un rigoroso sistema dei controlli, a cominciare dall’allontanamento dei magistrati, di qualsiasi «taglia», dallo svolgimento di funzioni di supporto di ogni genere nell’esercizio di funzioni politiche e burocratiche.

Di certo, sarebbe funzionale a che il Giudice contabile riconquistasse da subito la fiducia popolare perché autore dei controlli per come si devono fare, pena il loro dissolvimento.

Il ripristino delle regole è necessario: omogeneità nelle decisioni regionalizzate, interventi rigorosi delle Procure regionali in presenza di evidenti scatafasci contabili, controlli accurati nei risultati del sistema imprenditoriale esercitato dalle aziende sanitarie, chiarezza e coerenza nella definizione delle procedure di parificazione dei rendiconti consolidati delle Regioni saranno le funzioni da restituire alla Nazione delle certezze dello stato di diritto.

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