Lunedì 24 Novembre 2025 | 18:12

Per la guerra in Ucraina costretti a una scelta basata su metodi criminali

Per la guerra in Ucraina costretti a una scelta basata su metodi criminali

 
Carmen Lasorella

Reporter:

Carmen Lasorella

Per la guerra in Ucraina costretti a una scelta basata su metodi criminali

Costretti a scegliere davanti a un ricatto. L’alternativa posta da un potere legittimo, che sceglie i metodi del potere criminale

Lunedì 24 Novembre 2025, 13:28

Costretti a scegliere davanti a un ricatto. L’alternativa posta da un potere legittimo, che sceglie i metodi del potere criminale. Doverlo fare nella condizione peggiore. Sta accadendo per i singoli e vale per gli Stati. Anche per le comunità di prossimità, che siano di geopolitica o di interessi nazionali, sovra e internazionali - edifici costruiti sulla bocca di un vulcano, nell’immagine storica del giurista tedesco Gherard Niemeyer- a rischio fortissimo di saltare in aria molto di più oggi, che ieri.

Eppure, per il potere che impone le scelte, la questione rimane irrilevante. Nel suo ultimo discorso in tv, il presidente Zelensky ha bucato lo schermo, scandendo la dolorosa alternativa, che all’improvviso opponeva la dignità del suo popolo alla perdita di un alleato importante. Dopo l’ultimatum di Trump, nelle sue parole c’era il dolore di tutta l’Ucraina a 45 mesi della barbarie più feroce, dopo decine di migliaia di vittime e centinaia di migliaia di persone condannate ai sacrifici più duri, a cominciare dagli anziani, dalle donne e dai bambini, nella prospettiva di un futuro sottomesso e privo di autodeterminazione.

Un discorso tagliente, durissimo. A poche ore di distanza, invece? Il presidente Trump, che aveva appena lanciato il suo diktat, con un piano in 28 punti per arrivare comunque alla fine e della guerra, concordandolo giusto con Putin, ma a danno dell’Ucraina e di tutti gli altri, Europa compresa, cambiava tono e postura. Si offriva alle telecamere infreddolito sul prato della Casa Bianca e si perdeva in precisazioni confuse, contraddittorie, tra il «se», il «ma» e anche il «forse», quasi che si trattasse di un gioco, mentre il Cremlino neanche commentava. Anzi, secondo le ultime indiscrezioni, quel piano non sarebbe stato elaborato dallo staff della Casa Bianca, perché lo avrebbe fatto addirittura lo staff di Putin - secondo la ricostruzione intrigante del quotidiano britannico TheGuardian - fissando il prezzo più alto per poterlo poi abbassare e sfruttando ad arte le esplosive notizie della corruzione a Kiev, lanciate sul tavolo al momento giusto. Come nelle opinioni degli osservatori più attenti, le relazioni da anni a filo doppio tra Mosca e Washington, continuerebbero dunque a intrecciare i destini del mondo agli affari, senza scrupolo alcuno.

Nella sostanza: sul futuro dell’Ucraina, i margini di trattativa resterebbero, mentre il ricatto può aspettare. Intanto, la diplomazia si sarebbe seduta al posto di guida. Vertice tecnico improvviso di alto livello domenica a Ginevra tra Stati Uniti, Unione Europea e la delegazione ucraina. Nuova riunione oggi a Luanda, in Angola, convocata dal presidente del Consiglio Europeo, il portoghese Antonio Costa, a margine dell’incontro dell’Unione Europea a 27 con l’Unione Africana a 55. In Sudafrica, il weekend del G20 ( il Gruppo dei Venti).

Dal dramma alla farsa, come altre volte, nel fiato corto della politica, che ama i riflettori sempre comunque accesi. Un copione che continua a ripetersi in quest’anno paradossale di giubileo, dove invece la piccola storia di ogni giorno, appesantita dalle diseguaglianze, rimane sempre più lontana dalla ribalta. Eppure, le scelte senza diritti, condizionate dalla spregiudicata avventatezza degli attori sulla scena, riguardano ambiti sempre più estesi delle società. Aumentano coloro che sono costretti a scegliere tra la salute e il lavoro; tra la dignità e il conformismo; tra la fuga e la fame, nel calvario delle migrazioni; tra la sfida del futuro e la rassegnazione; tra il deserto e il mare, nei cambiamenti climatici o tra i talenti per i sogni, che devono pagare il prezzo della realtà.

Le latitudini cambiano, mentre i problemi dei popoli si avvicinano nelle frammentazioni polarizzate strumentalmente, che solo in apparenza escludono il dialogo.

La compagnia dei capi di Stato e di governo si è spostata in Sudafrica, quasi fosse in tournée teatrale, ospite del presidente Cyril Ramaphosa, che ha invitato anche Zelensky, già incontrato nella scorsa primavera, dopo l’imboscata da lui subìta nello Studio Ovale della Casa Bianca, ripetuta due mesi dopo da Trump ai danni proprio del presidente sudafricano. All’ultimo minuto al centro dei lavori è stata inserita la questione Ucraina.

L’assenza del tycoon , che di fatto ha boicottato la riunione, alla luce degli ultimi sviluppi, risulterebbe quasi provvidenziale -come ha lasciato intendere il saggio Ramaphosa, dopo quasi vent’anni finalmente degno successore del Presidente Mandela, uomo-simbolo dell’umanizzazione dei diritti nel mondo. Un’occasione in più per l’Europa all’interno del G20 ovvero Francia, Germania, Regno Unito e Italia, che potrebbe e dovrebbe guidare la cooperazione rafforzata del vecchio continente. Intanto, si discute da prospettive diverse: estremo Nord e Sudamerica, paesi arabi, Sud-Est asiatico, con la Turchia. A Johannesburg è diffusa la consapevolezza dei numeri come dei ruoli e la visione. Un gruppo che rappresenta oltre la metà della ricchezza mondiale, dove l’Unione Europea resta il partner principale di oltre 60 paesi, custode della storia e dei valori che hanno segnato il percorso della solidarietà, dell’eguaglianza e della sostenibilità, di cui pare ancora si possa ragionare in qualche parte del pianeta.

La possibilità di quel sussulto di responsabilità, che ha concimato la cultura mediterranea. E allora, perché continuare a fare la ruota di scorta della politica decisa dall’attuale inquilino della Casa Bianca, non solo imprevedibile, ma oramai espressione dell’inaffidabilità che si traduce in instabilità generale? La pace, che non diventi resa per l’Ucraina non è il solo banco di prova. Gaza e il futuro dei palestinesi, vittime di genocidio, restano voragini incolmabili di ipocrisia e di ingiustizia da strappare al silenzio. Negli scenari a rischio-conflitto, che continuano a sommarsi, l’Europa potrebbe cimentarsi in quel gioco di anticipo, che nel secondo dopoguerra l’aveva vista leader nella costruzione dei sistemi di governo del mondo, che hanno creato il nuovo ordine mondiale, ma oggi in pezzi a causa di Trump e dei suoi stakeholders . E dinanzi al caso Venezuela, paese ricchissimo di risorse, negli obiettivi di Trump a costo zero? Da settimane esplode la propaganda dei media e dei social di servizio, che sparano falsità sul narco-traffico e sul terrorismo mentre il mare dei Caraibi, dinanzi alle coste venezuelane, brulica di unità da guerra americane, con la Cia che fa il lavoro sporco dietro le linee di terra.

Potrebbe esserci una moneta di scambio? L’ennesima aggressione illegittima provocherebbe la reazione legittima del paese aggredito, secondo il diritto internazionale, ma soprattutto un nuovo immenso incendio, destinato a propagarsi, con conseguenze tragiche, come già accadeva più di mezzo secolo fa. Dal dramma alla farsa, lo stesso copione, fino agli ultimi giorni di questo paradossale anno di giubileo. Almeno, passerà un quarto di secolo prima del prossimo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)