Declino demografico, culle vuote, età media italiana 49 anni, 45 media Europea, con 24.000 bambini all’anno in meno. Tra venti o trenta anni crescerà la popolazione anziana, 200 anziani ogni 100 giovani (indice di vecchiaia 2024). Cambiamento della dimensione della composizione della famiglia, ovvero coppia con figli. Famiglie sempre più piccole con coppie senza figli, o composte da una sola persona spesso anziana. Ci sono sempre meno giovani per pagare le pensioni e per prendersi cura degli anziani. C’è urgente bisogno di investire sul welfare e servizi socio-territoriali e sulle politiche di integrazione degli immigrati (Tiziana Tesauro ricercatrice IRRPS – CNR), perché ormai siamo nella trappola demografica e il dato non è controvertibile in poco tempo.
Sul fattore famiglia la senatrice Fdl Lavinia Mennuni nel suo intervento alla trasmissione televisiva Parlamento Settegiorni dello scorso 11 ottobre, afferma che nei Paesi in cui il tasso di natalità è più alto, ci sono politiche di conciliazione vita lavoro e famigliari di sostegno alla natalità. Sul dato culturale, però dice, «la maternità e la paternità devono tornare di moda, poiché le aspettative dei ragazzi sono relative a grandi ambizioni lavorative, ma difficilmente diranno che vogliono avere un bambino».
In realtà molti giovani continuano a dichiarare un desiderio ideale di diventare genitori, ma questo desiderio si traduce sempre meno in nascite reali: esiste un consistente gap tra desiderio/intenzione e realtà demografica (Rapporto Giovani / interventi 2025).
Il Prof. Alessandro Rosina, ordinario di demografia e statistica sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sottolinea che il calo delle nascite e il rinvio o la rinuncia alla genitorialità sono strettamente legati a insicurezza lavorativa e autonomia economica (contratti precari, difficoltà a ottenere un lavoro stabile, elevata età al primo figlio). Altri ostacoli percepiti dai giovani: costi abitativi, difficoltà nel conciliare lavoro e cura dei figli (scarsa offerta di servizi e politiche di conciliazione), clima di grande incertezza sociale e internazionale (guerre, crisi economica, futuro ambientale) che indebolisce la propensione a mettere al mondo figli.
Secondo alcuni studi, influenza il fenomeno anche la cultura del benessere individuale, che spinge anche le giovani generazioni a cercare nella cura personale e nell’autorealizzazione la base solida delle scelte e delle relazioni affettive, per gestire fenomeni di violenza o di sfruttamento del loro potenziale, sulla scia della cultura del self-help, del self-care e dell’«amore per sé stessi» (di stampo neoliberale) che ha modificato l’idea di intimità e di reciprocità. Se questo si caratterizza come l’innesto di una cultura di auto difesa in reazione e in opposizione al modello relazionale della cultura patriarcale, ora si è in cerca di un nuovo balance funzionale e sostenibile in cui il benessere personale e la cura di sé, rappresentano l’ago della bilancia per l’equilibrio nella coppia. Ovvero in cui l’altro non è lo specchio funzionale al proprio ego narcisistico e la famiglia non è l’idealizzazione di un progetto di vita totalizzante, ma entrambi i soggetti sono in una relazione di reciprocità affettiva e generativa, oltre che di evoluzione personale.
È necessario intervenire sulle misure di sostegno alla famiglia e alla natalità e più di ogni altra cosa suscitare fiducia e speranza, perché in realtà nessuna scelta garantisce il successo per investire nei propri desideri. Anche se questo spesso comporta emigrare in Paesi dove la politica supporta l’aspettativa di un futuro più stabile.