Domenica 14 Settembre 2025 | 14:01

Il Mezzogiorno cresce, ma non bisogna abbassare la guardia

 
Francesco Giorgino

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Francesco Giorgino

E pensa tu se il Sud non fosse ignorato

Manca ancora un bel pezzo di strada da fare non solo per scongiurare del tutto il pericolo di continuare ad essere trainati dagli altri, ma anche per trainare il resto dell’Italia

Domenica 14 Settembre 2025, 12:00

Dalla logica assistenzialista a quella del Sud motore di sviluppo dell’intero territorio nazionale. Se volessimo sintetizzare non solo quello che serve al Mezzogiorno, ma anche quello che da qualche anno sta accadendo in quest’area geografica del nostro Paese è d’obbligo il riferimento a questa transizione che registra implicazioni in ordine a molti fattori: economici, sociali e culturali. La metafora più chiara per rappresentare questo cambio di paradigma è quella che ruota intorno alla sostituzione dell’espressione «Sud fanalino di coda», frutto dell’abuso di stereotipi negativi, con quella più ambiziosa, ma almeno parzialmente radicata nella realtà, di «Sud locomotiva dell’Italia». Per essere prudenti dovremmo aggiungere davanti al sostantivo «locomotiva» l’aggettivo «potenziale».

Manca ancora un bel pezzo di strada da fare non solo per scongiurare del tutto il pericolo di continuare ad essere trainati dagli altri, ma anche per trainare il resto dell’Italia. Alla base di questa consapevolezza c’è la volontà da parte di pubblico e privato di alimentare, attraverso politiche ad hoc e iniziative della società civile, una visione di medio-lungo periodo. Una visione, cioè, che superi ogni tentativo presentista e che ci proietti con stabilità e continuità nei prossimi tre-cinque anni. La stabilità politica, almeno a livello nazionale, agevola quest’impostazione che non è solo di metodo, visto che comporta significative ricadute sul piano programmatico e, dunque, sul piano del merito.

Sviluppiamo il nostro ragionamento, assumendo come elemento emblematico uno strumento che si sta rivelando di grande efficacia: la Zes unica del Mezzogiorno. Come ha più volte evidenziato Giorgia Meloni, questa misura aumenta la competitività del Sud, valorizza l’intero apparato produttivo, assicura le stesse opportunità di sviluppo a tutti i territori del Paese, privilegiando metodologicamente l’approccio integrato, ovvero il mix di effetti legati da un lato alla semplificazione amministrativa (di cui si continua ad avvertire una grande urgenza) e dall’altro a quelli generati dai benefici fiscali. Tra questi ultimi c’è l’estensione e il potenziamento del credito d’imposta per gli investimenti. La parola d’ordine è «competere ad armi pari» con il Nord e con il Centro per restituire valore non solo al Mezzogiorno, ma anche all’intero territorio nazionale. La coesione, del resto, è una leva di crescita fondamentale. Al tempo stesso, è una delle conseguenze più rilevanti di scelte di politica economica e sociale che sono ispirate dalla volontà di dare impulso a tutte le regioni italiane in un contesto internazionale connotato, peraltro, dalla presenza di molte incognite. Si pensi a titolo esemplificativo ai dazi imposti all’Europa dall’amministrazione Trump e si ricordi nel contempo che in economia valgono sia i fattori endogeni, sia quelli esogeni.

Per rimanere all’analisi delle misure politiche più efficaci, non si può non dimenticare che tra le priorità dell’attuale esecutivo ci sono gli interventi infrastrutturali (non solo il Ponte sullo Stretto), la riqualificazione delle zone industriali, lo sviluppo delle aree interne, l’ammodernamento della rete di trasporti. A proposito di quest’ultimo punto, è necessario che si dimezzino al più presto i tempi dei collegamenti ferroviari dentro e tra le regioni del Sud e che la realizzazione dell’alta velocità diventi finalmente un fatto concreto.

Il Pnrr dedica importanti risorse al Mezzogiorno, che tuttavia non deve rinunciare ad essere area attrattiva per gli investitori esteri, naturalmente dopo aver migliorato la qualità dei servizi e dopo aver risolto la questione dei trasporti, anche valorizzando maggiormente i porti e la «risorsa mare». I fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza hanno fatto registrare un aumento del Pil superiore alla media nazionale. Per tanti motivi è cresciuta allo stesso tempo anche l’occupazione. Nel secondo trimestre è stata registrata al Sud una crescita di 96 mila lavoratori, a fronte degli 89 mila del Nord e dei 43mila del Centro.

Va specificato che gli effetti della delicata situazione demografica comportano che sia aumentata anche l’età media di chi lavora, con un raddoppio della quota degli over 50.

Il contesto è quello giusto per un rilancio del Mezzogiorno e per un incremento del livello quantitativo e qualitativo della produttività. Alcune aziende meridionali sono diventate già molto competitive e agiscono da «top player» in mercati internazionali, ma è evidente che bisogna incidere di più e meglio, senza farsi prendere dalla tentazione di considerare risolta una questione che affonda le proprie radici assai indietro nel tempo. Occorre intervenire sui fattori più strategici e sugli elementi più prospettici, come per esempio la formazione del personale. Tema quest’ultimo rispetto al quale diventa fondamentale l’apporto del sistema universitario e prima ancora il miglioramento dell’offerta scolastica.

Così come occorre incrementare l’attenzione alla ricerca e all’innovazione tecnologica. Va portata avanti con determinazione la logica di sistema, quella logica cioè che superi la tendenza tutta italiana alla frammentazione e all’individualismo. Industria e agricoltura sono di grande rilevanza nella messa a terra in Puglia di queste progettualità. Il solo turismo non basta, nonostante alcune località abbiano raggiunto livelli di notorietà molto elevati e siano presi d’assalto durante i mesi estivi da parte di connazionali e di stranieri.

Il fatto che il Sud nel 2024 possa contare su parametri economici migliori di quelli del Nord non autorizza, tuttavia, ad abbassare il livello di guardia. Bene fa il governo a tenere la questione Sud al centro del discorso pubblico, come del resto si evince dalle parole del Ministro Musumeci, intervenuto ieri mattina a Bari alla cerimonia di inaugurazione della Fiera del Levante.

Il quadro nazionale è incoraggiante. Parlando alla festa dell’Udc, la Meloni ha detto ieri che la prossima legge di bilancio si concentrerà sul ceto medio, come peraltro da noi auspicato proprio su queste colonne. Lo farà in continuità con la difesa del potere d’acquisto dei lavoratori, dopo aver reso strutturale il taglio del cuneo fiscale e incentivato le assunzioni, ma anche dopo aver posto al centro dell’attenzione le famiglie, alle quali sono state assicurati benefici per oltre 16 miliardi di euro: incremento dei mesi di congedo parentale retribuito all’ottanta per cento; asilo nido gratuito per il secondo figlio per chi redditi non superiori ai quaranta mila euro ed altro ancora. Sappiamo quanto pesino le famiglie al Sud, dove è più forte che altrove la considerazione e la percezione del loro potenziale in quanto infrastrutture sociali del Paese.

Bisogna consolidare i trend positivi registrati finora se si vuole continuare a pensare al Mezzogiorno come ad un’area strategica per l’Italia, a partire dalla sua naturale proiezione a svolgere un ruolo di primo piano nel contesto euro-mediterraneo. Se locomotiva deve essere, la sua corsa non si può fermare nemmeno per un istante.

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