Mercoledì 22 Ottobre 2025 | 11:53

Dal sexy-web ai conflitti, nelle piattaforme tra guerra e indifferenza

Dal sexy-web ai conflitti, nelle piattaforme tra guerra e indifferenza

 
Gianfranco Longo

Reporter:

Gianfranco Longo

Dal sexy-web ai conflitti, nelle piattaforme tra guerra e indifferenza

Venerdì 29 Agosto 2025, 13:21

Alcuni giorni fa uno scandalo targato Facebook ha «scosso» l'opinione pubblica: decine di migliaia di «mariti» postavano foto intime delle loro mogli, allargandosi anche ad amanti, concubine, partners, chiedendo commenti ad altri scellerati, degradando le mogli e la donna, in sé e per sé, a una esposizione universale, una fiera dove un tempo si andavano a provare i cavalli, bestie varie, o a scegliere mobili, suppellettili, novità casalinghe.

La visibilità è scesa molto più in basso per divenire morbosa oscenità che si fa scrutare, ignare le vittime, nel segreto di una complice e tutelata piattaforma, garantita da un marchio di fabbrica registrato, omologato nei meandri della depravazione più bieca e che frigna per ottenere nuovi baratri in cui sprofondare, squisitamente offerti dalle sue stesse stucchevoli variazioni social. Se le foto postate fossero state soltanto dieci per ogni «marito» (la cronaca dell’avvenimento ci dice essere molte di più per ognuno dei presunti-untuosi fotografi) arriviamo a centinaia di migliaia di foto; e se aggiungiamo la varietà impressionante di commenti per ogni foto, ci troviamo davanti a una massa di ennesimi reprobi che scorrono come un flusso di scarico inquinante, tra disperazione e solitudine. Definire «mariti» tali individui, scaglie di randagismo esistenziale, non ha nessun legame semantico con la realtà di ciò che un marito è per la moglie, ciò che un coniuge rappresenta per l'altro. L'accaduto, punta di iceberg di quel che si muove dietro i video dei nostri apparecchi dal cellulare al tablet, evidenzia uno smarrimento che è traguardo di coloro che pian piano si consegnano alla trasandatezza della vita fai-da-te, una vita in cui prevale indolenza e assuefazione allo sprezzo dell'altrui dignità. Tale sindrome, rimestata tra raccapriccio di morte interiore e grezzo sguardo opaco, di cui si ammanta il voyerismo, pospone chiunque privilegiando la spietatezza, spingendo quest’ultima a sopravanzare, lontano, bloccando la storia «nel limo sul fondo del fiume ocra/e i canali facevano parte del declino dell'impero,/parlamento e fogne intasate» (Derek Walcott, da Prima luce, 7).

Emerge da questa vicenda uno stordimento esistenziale, una prevaricazione a farsi beffe dell’altro esponendolo come ad una fiera. Così il cicaleccio della depravazione, novello modello di imitazione globale, si erge socialmente a virtù di precipizio in un abisso di morte. Ne risulta che ogni singolo minuto della propria vita sia stato svenduto all’irrisione, al vuoto senso di procedere negli anni disconoscendone il fine, se non quello di disfare sé stessi e gli altri in scatole a doppio e triplo fondo, dove custodire le menzogne e occultare la verità di sé.

Mentre due guerre imperversano, mettendo a rischio gli equilibri della stessa Europa, c’è un mondo parallelo di club vari e di piattaforme che continua barbaramente a irridere quanto ad altri è stato invece rapito con violenza per non essere mai più restituito: la famiglia, quel legame che travalica fede ed etnia, politica ed economia, continenti geografici, e che ci riconosce ancora umanità in cui la speranza coniuga alla bellezza del creato l'insopprimibile verità di un uomo e di una donna che possono rivolgere, l’una all'altro, la vocazione a conoscersi, amarsi, tenersi. In fondo la pace è consolidare una vocazione di amore, per Dio, per la comunità, per il coniuge, vocazione che è incontro continuo nell’itinerario della vita, realizzando tutto ciò il senso di una famiglia come cultura di pace, una pace cristiana, ebraica, mussulmana, non ravvisabile in Agende Onu, in parametri monetari, in logge economiche i cui artefici soffrono di un’ideazione paranoide: confondere il processo di pace con strumenti di guerra, sospettando sempre e di chiunque; scompaginare l’assetto coniugale degradandolo ad ideologie scadenzate, programmate dall'ONU o dalla UE; raggrinzendo diritti individuali e libertà fondamentali a indottrinamento di piattaforme social, scatole dove occultare, nei vari doppi fondi, l'identità di ognuno, mediocrizzando la vita e il suo anelito alla gioia con la ripetizione di slogan che devono convincerci di non vivere e di non esistere.

Non imbalsamarsi in queste ramificazioni ideologiche, accorgersene, sarebbe già iniziare a vivere coniugalmente e comunitariamente, interrompendo il tentativo di ridurre l’essere umano allo schiamazzo di un’Agenda ONU 2030, agenda di una loggia politica di patriziati e di governo mondiale che mistifica ogni tentativo di pace con ideologie di morte.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)