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Con la censura a Ursula il cabaret di Macario e Totò appare nel Parlamento Ue

 
Francesco Alicino

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Francesco Alicino

Con la censura a Usrula il cabaret di Macario e Totò appare nel Parlamento Ue

Eschilo e Shakespeare le avrebbero descritte come follie del potere. Operazione legittima, se non fosse che in questo caso la tragedia si confonde con un assortito campionario di posture farsesche

Giovedì 17 Luglio 2025, 13:14

Eschilo e Shakespeare le avrebbero descritte come follie del potere. Operazione legittima, se non fosse che in questo caso la tragedia si confonde con un assortito campionario di posture farsesche.

L’archetipo si manifesta oltreoceano, dove l’uomo più potente del mondo le incarna senza alcun ritegno. Tanto più di fronte a una Europa annichilita da chimere sovraniste, liberali alle vongole, sinistre all’apericena, boiardi di stato e ambiziosi commissari. Lo stesso si può dire del supposto Medioriente dove autocrati, corrotti, leccapiedi di professione e fondamentalisti d’ogni risma si contengono il primato governativo in uno scenario che, quando va bene, è caratterizzato da una pace terrificante.

La conferma arriva, tra le altre, dalla figura di Bibi che, a capo del Governo israeliano e mutilato del senso del ridicolo, cuce addosso al Presidente americano il Nobel per la pace. Lo fa proprio quando l’erede immobiliarista e mago del trash televisivo (vedi The Apprentice), indossa alternativamente la maschera del dottor Stranamore e quella del portalettere di «c’è posta per te»: là celebra bombe contro invasati ayatollah e relativi terroristi (Hezbollah, Houthi, Hamas-Jihad), qui consegna dichiarazioni di guerre commerciali da far scattare tassativamente nel giorno e all’ora prestabilita.

Salvo, s’intende, ripensamenti dell’ultima ora. Vista infatti la frequenza con cui mantiene la parola, non si sa mai con il venditore di ombre mediatiche, orfano oramai dell’altro miliardario morto di fama. Quello che, dopo essere stato allevato dall’opposta fazione politica, Obama e Biden compresi, è passato da discepolo del trumpismo a suo acerrimo nemico. Al punto che ora vuol fondare un partito, magari facendolo sbarcare su Marte in procinto, secondo lui, di essere umanamente colonizzato.

Il risultato di questa mostruosa iconografia è una classe dirigente che assurge a monumento d’una efficace propaganda, prodromica a diffuse stupidità collettive. Le quali, va pure osservato, non sono avvenute d’un colpo. Hanno radici lontane, le cui fila risalgono agli alter ego democratici, alle organiche accademie, ai palinsesti-pollai televisivi e a soi-disant liberali di centro, di destra e di sinistra. Sotto le ali di potenti e globali corporazioni, ancor oggi li vediamo all’opera con pifferi, grancasse e tromboni. Quelli, ad esempio, suonati a livello di Europa unita, nel cui Parlamento s’è consumato (10 luglio 2025) l’ennesimo tragicomico evento.

A imbastirlo un estremista di destra, Gheorghe Piperea, componente dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR). Un gruppo, questo, già capeggiato da Raffaele Fitto, ora Commissario dal ricco portafoglio nel collegio presieduto da Ursula von der Leyen. Sull’onda del pfizergate, Piperea e altri 70 commilitoni le scagliano contro una mozione di censura. In realtà è boomerang politico.

Lo dimostrano gli esiti della variegata votazione, che vede favorevoli alla censura un pezzo dell’ECR, la pattuglia dei Patrioti, i neonazisti dell’AfD e una porzione della sinistra europea, inclusi i 5 Stelle. Contrari i popolari del PPE, tre parlamentari dell’ECR, i liberali di Renew, i socialdemocratici e i verdi. Astenuti nomi sparsi dai vari schieramenti. Fatta salva la poltrona della von der Leyen, il voto riflette le divisioni dei partiti italiani, a cominciare da quelli che sostengono il Governo Meloni quando impegnati fuori dai confini nazionali: gli europarlamentari di Fratelli d’Italia non partecipano; Forza Italia sostiene i Commissari; l’opposto della Lega di Salvini che, animatore europeo dei Patrioti sovranisti, li segue nel voto assieme ai seguaci della Le Pen e di Marion Maréchal. Non da meno i 21 eurodeputati del PD, al solito indecisi e in ordine sparso: 14 votano in favore della Commissione; Gualmini, Ricci e Gori non sono presenti in aula; Strada, Tarquinio e Zan lo sono, ma rivendicano la non partecipazione; il povero Brando Benifei non riesce a votare a causa di un malfunzionamento della scheda.

Fanno venire in mente i cabaret di Macario e Totò o Stanlio & Ollio. Ma la nostalgica risata si tramuta presto in tragico presentimento. Quello, in particolare, alimentato dal ruolo e dal funzionamento dell’Unione europea in uno scenario globale che, come si è notato, è sempre più incerto, spaccato e insicuro. Proprio per questo sottolinea la necessità di avanzare nel processo di integrazione sviluppando un coerente quadro istituzionale.

Non così per i detentori delle macchine statali che, schiavi di interessi elettoral-corporativi, stanno dirottando l’Unione verso una morte per consunzione. Ad attestarlo è non a caso l’ultima sortita del capocomico americano che, dopo l’ulteriore giravolta nei confronti del conflitto russo-ucraino e dell’amico Putin, impone il 5% del PIL in spese per armi a tutti i paesi della NATO. I cui governi, d’altra parte, emulano le imprese dell’olandese poco volante e tanto vergognosamente adulatore: privati dell’organo percettivo delle verità storiche e logiche, l’uno e gli altri non vedono l’ora di genuflettersi innanzi alle richieste di re lanterna. Anche se questo vuol dire spendere molto e peggio in armamenti rispetto alla scelta di un unico esercito europeo, prodomo di una UE davvero unita e ragionevolmente coesa. Tanto più indispensabile ora a fronte di crisi climatiche, energetiche, tecnologiche, immigratorie e commerciali, al cospetto delle quali non si comprende come possano singoli paesi europei difendere i propri interessi e quello dei propri cittadini.

Insomma, c’è da chiedersi fino a che punto reggerà questo teatro dell’assurdo, tale perché dominato da governanti gonfi e tronfi di consensi popolari nonché da oppositori incapaci di autocritiche costruttive. Con insensata soddisfazione, tutti continuano a calpestare il palcoscenico della ribalta e quello della recta ratio, ostentando se del caso una brutale, farsesca e astuta ignoranza.

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