Addio miei treni addio: 150milioni di euro se ne vanno, dirottati dal fondo per la dorsale adriatica dell'Alta Velocità per la Puglia, alla nuova diga foranea di Genova. Dal Ministero delle infrastrutture, di Matteo Salvini, fanno sapere che si tratta di una semplice operazione contabile nel Decreto Economia, necessaria per garantire l’avvio immediato dei lavori della grande opera in Liguria. Il senatore salentino Roberto Marti, coordinatore regionale della Lega, si è speso per assicurare che quei 150 milioni torneranno a breve a disposizione della Puglia, con un Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. Sarà pure così, ma a fare i conti sull’unghia quelle risorse non ci sono più, sono andate altrove. Torneranno, ma il verbo è al futuro, se li vuoi spendere oggi per i binari, non ci sono.
Dai convogli veloci sulla dorsale ferroviaria adriatica i fondi sono passati alla portualità ligure. Semplice operazione contabile? Una mera casualità, forse? Va bene, ma gli euro li hanno sottratti al Mezzogiorno, non c’era un intervento in Valtellina o nella pianura padana che potesse attendere, per fare ‘sta partita di giro?
Intanto, il dietrofront di Roma sui tagli alla linea adriatica è solo annunciato, quei tagli restano ed è l’ennesimo scippo, anche peggio: una nuova rapina ai danni dei collegamenti su binari da e per Foggia-Bari-Salento, già tra i meno considerati e più derelitti di tutta la penisola.
Beninteso, non è invidia, ma una questione di diritti negati. La gelosia non c’entra con la protesta per l’ulteriore retrocessione della nostra regione nelle serie inferiori del campionato nazionale delle infrastrutture. Noi pugliesi non «rosichiamo» se la città della Lanterna è nelle grazie governative e sta meritando il più grande intervento mai realizzato per il potenziamento della portualità italiana. I porti di Taranto, Brindisi, Bari non sono in concorrenza col Mar Ligure e non ne soffriranno, ma se occorre fare un «molo» nuovo, perché farlo a spese della Puglia, sia pure provvisorie? Sappiano che non ci stiamo.
Quando il deputato Pd pugliese Ubaldo Pagano ha segnalato che nell’ultima bozza del Decreto Economia il Governo Meloni aveva sottratto, per l’opera pubblica colossale a Genova, i 150milioni destinati alla tanto sospirata percorrenza veloce dei binari lungo la costa adriatica, abbiamo subito pensato che una decisione penalizzante per la Puglia si aggiungeva ai 600 milioni già spariti negli ultimi due anni per lo stesso progetto ferroviario. Senza dimenticare l’accantonamento del nodo ferroviario di Bari, i cui fondi sono andati a rimpinguare il progetto salviniano del ponte sullo Stretto di Messina. Mi sa che la lezione per i Pugliesi è chiara: non basta protestare, bisogna fare una rivoluzione, certamente non violenta, magari «gentile», ma non ci possono prendere per il naso!
È sempre valido lo slogan «La Puglia non è un binario morto». Dobbiamo tornare ancora e sempre a battere i pugni sui tavoli, a rivendicare ciò che ci spetta, a denunciare il trattamento che continuano a riservare al Mezzogiorno. Non solo ci strappano «i soldi», ma ci sbattono in faccia chi è il più forte. È una sfrontata offesa al Sud e alla Puglia, alla pari dell’Autonomia differenziata: con o senza quel progetto Sudicida, il Meridione e le province pugliesi subiscono un colpo mortale (anche Taranto godrebbe di riflesso dell'AV adriatica). I nostri diritti vengono sempre sacrificati per soddisfare gli interessi del Nord e favorire gli obiettivi politici della Lega: chiedo ospitalità ancora una volta alla Gazzetta del Mezzogiorno e sollecito le forze politiche, soprattutto i parlamentari pugliesi e il Consiglio regionale, a condannare questo ennesimo ceffone al Mezzogiorno, che attende dal 1861 la vera unità del Paese.
Per poco o per sempre, questo finanziamento ci è stato sottratto e destinato al porto di Genova. In quella città settentrionale, il ponte Morandi è stato sostituito in due anni, una sollecitudine mai vista nell'Italia delle opere eterne. Questa è la prova di una sfacciata, insolente politica da «prima il Nord», che non può essere più tollerata dalla gente del Sud.
A proposito di grandi opere in Italia come la tela di Penelope: mai che venga a qualcuno di adottare il modello Morandi all'ammodernamento della ferrovia Foggia-Napoli, di rinvio in rinvio i cantieri faranno i capelli bianchi. Anche questo conferma che ci stanno «facendo il pacco». Le priorità della Lega prevalgono su tutto, per la condiscendenza colpevole del Governo, che lungi dall'essere vicino al Mezzogiorno, adotta provvedimenti da vero scandalo nei confronti delle aree meridionali. Giorgia Meloni ci smentisca, batta un colpo a favore del Sud, metta mano senza indugi alla sacrosanta modernizzazione della rete ferroviaria del Mezzogiorno adriatico e dintorni. Perché merita attenzioni anche la tratta ionica, da Taranto alla Basilicata, Calabria e non dimentichiamo che Matera resta l’unico capoluogo di provincia non servito dalle Ferrovie dello Stato. È questione non solo di dignità e diritti, c’è un’economia da sostenere e rilanciare. Non si è lavorato forse all’Alta Velocità e all’Alta Capacità su altri binari del Paese per favorire ricadute economiche positive? Perché questo non vale per il Sud? Perché dobbiamo continuare a subire un divario inaccettabile?
Godere di trasporti efficienti aprirebbe a spostamenti ora negati ai cittadini, ai lavoratori, alle famiglie, ai giovani (ed ai pendolari) del Mezzogiorno, per raggiungere i poli lavorativi, le sedi universitarie, quelle amministrative, i grandi ospedali, nel nostro Meridione. Siamo stufi dei No, dei giochi delle tre carte, dei fondi «vedo, non vedo più» rubati al Sud. Basta con i mille ritardi rispetto al Settentrione, abbiamo il dovere e l'urgenza di migliorare tutto, trasporti compresi, per fermare l’esodo dei giovani dal Mezzogiorno, che concorre a desertificare le regioni meridionali. È legittimo chiedere ai cittadini dell'Italia meridionale, alle Istituzioni locali, ai Sindaci, alla politica di lanciare la vera sfida del secondo centenario dell’Unità: «Prima il Sud!».