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L’intelligenza artificiale ci regalerà più tempo (e molta più voglia di Sud)

 
lino patruno

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lino patruno

L’intelligenza artificiale ci regalerà più tempo (e molta più voglia di Sud)

Oggi pretendere che il maggior tempo sia devoluto a maggiore produzione e maggiore sforzo è come pretendere che l’attuale Bari vinca la Champion’s di calcio

Venerdì 27 Giugno 2025, 12:01

Sarà l’intelligenza artificiale la prima alleata del Sud. Ora, parliamoci chiaro: questa intelligenza artificiale, come all’inizio tutte le grandi novità, ha più scettici che estimatori. Negli anni ‘80 è avvenuto che l’automazione abbia falciato il lavoro operaio. Adesso avviene che Amazon distrugge il piccolo commercio. Il timore è che l’intelligenza artificiale sostituisca il lavoro del ceto medio: impiegati, bancari, ingegneri, giornalisti, creativi. Cioè quelli stessi che invece ne potrebbero avere una grossa mano. Certo non bisogna lasciagliela completamente libera, questa mano. Non dovrà ancora avvenire, come avvenuto, che una ragazza in ansia d’amore chieda e lei, e non magari alle amiche, se lasciare il fidanzato o no. Macchine ritenute più giudiziose degli umani.

Ma c’è di sicuro un tesoro che l’intelligenza artificiale ci regalerà: il tempo. Cioè il bene più prezioso anche per chi ha poco altro per sé. È avvenuto pure con le precedenti innovazioni della storia. La luce elettrica al posto delle candele. Il treno al posto della bicicletta. Il computer al posto del pallottoliere. Il telefono mobile al posto del fisso. Il microonde al posto della piastra. E avverrà anche ora. Hai più materiale a disposizione se devi scrivere un testo di lavoro. Suggerimenti se devi acquistare un prodotto. Maggiori dati perché un medico faccia una diagnosi più precisa. La navigazione satellitare per arrivare in modo più preciso alla tua «destinazione» (come dicono i gps). I consigli su un investimento.

È stata una recente ricerca americana a calcolare che già quest’anno nel mondo per ogni lavoratore verranno liberate 200 ore. Non significa che ogni lavoratore lavorerà di meno, a cominciare da quelli che hanno un orario di lavoro in fabbrica o in ufficio. Ma impiegheranno meno tempo quelli dei lavori autonomi che si gestiscono da sé. I professionisti. Gli artigiani. E non è detto che prima o poi (più prima che poi) non si finisca per lavorare meno e lavorare tutti, secondo la previsione forse troppo precoce di un visionario come il sociologo Domenico De Masi. Quello dell’«ozio creativo» che veniva preso per un istigatore dei fannulloni. La verità è che già nel 1930 un geniale economista come John Maynard Keynes prevedeva che i progressi tecnologici avrebbero portato l’orario di lavoro a 15 ore settimanali entro un secolo. Mancano cinque anni: staremo a vedere se sir John si è allargato troppo.

Il fatto è che finora la maggiore disponibilità di tempo è stata utilizzata per lavorare (o far lavorare) di più. Ma mai i tempi sono davvero cambiati come negli ultimi tempi. Oggi pretendere che il maggior tempo sia devoluto a maggiore produzione e maggiore sforzo è come pretendere che l’attuale Bari vinca la Champion’s di calcio. È avvenuto soprattutto grazie (o per colpa?) del Covid. Quella pandemia con la sua paralisi che ci ha fatto decidere: ora devo cominciare a pensare anche a me. Perché vedi come un virus possa vanificare tutto ciò per cui finora ti sei sforzato tanto. La mia vita non può valere solo per il mio lavoro. Insomma il lavoro non è più tutta la vita. È vero che come sempre nobilita l’uomo (e la donna). Ma mai più che lo schiavizzi.

Così ci sono state nel mondo le great resignations, le grandi dimissioni di massa (in Italia due milioni). Non gente colpita dal virus al cervello, ma colpita piuttosto nel suo amor proprio. Nella vita c’è anche altro. Altro tempo da destinare ad un’altra vita. C’è una lentezza da riconquistare che non significa far nulla, ma fare anche qualcosa di diverso da ciò che si è finora fatto quasi in esclusiva. Lentezza come approccio di riscoperti valori. Soprattutto i giovani, quelli accusati di rifiutare il lavoro se questo lavoro non lascia loro il tempo (appunto) per le proprie amicizie, i propri rapporti, la propria giovinezza. Quelli che la domenica no. Quelli accusati in mille maniere di non avere voglia di lavorare.

Anche il Sud è sempre stato accusato di prendere tempo e perdere tempo come suo peccato originale. A parte il consueto malevole pregiudizio che attribuisce ai meridionali la responsabilità dei problemi che lo Stato ha loro inflitto. Ma questo è lo stile di vita ricercato ora da tutti quelli che capiscono in quale imbuto soffocante si sono cacciati. Ancor più dopo essersi accorti dopo tanto tempo quanto questo tempo non possa essere solo produzione ma anche vita. Il contro-esodo verso il Sud di molti di quelli che erano andati via si spiega anche così. Così come si spiega la voglia di Sud da parte di tanti «convertiti» alla nuova novella. Nuovi pellegrini di un senso perduto e da ritrovare. Anche in quei borghi del Sud di piccolo nuovo popolamento dopo lo spopolamento.

Il lavoro davanti a un computer da qualsiasi posto del mondo verso tutto il mondo accentua questa scelta. Non conta più la geografia. Allora vado al Sud dove si vive meglio. E con l’intelligenza artificiale come alleata, altro tempo (e vita) disponibile. Il Sud nuova Itaca dei tanti Ulisse riconvertiti.

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