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In Italia tira una brutta aria: così si apre la strada al ritorno dell’antisemitismo

 
Biagio Marzo

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Biagio Marzo

In Italia tira una brutta aria: così si apre la strada al ritorno dell’antisemitismo

Il mondo è attraversato da due guerre: una in Europa, l’altra alle sue porte. Il conflitto tra Russia e Ucraina è diventato una guerra di logoramento

Domenica 01 Giugno 2025, 11:00

Il mondo è attraversato da due guerre: una in Europa, l’altra alle sue porte. Il conflitto tra Russia e Ucraina è diventato una guerra di logoramento. Putin alterna aperture e minacce, mentre l’Occidente osserva, diviso, incerto tra il timoroso di esporsi troppo e la tentazione di entrare di più nel conflitto. Nel frattempo, le opinioni pubbliche tacciono. Poche manifestazioni, ancor meno mobilitazioni. I «pacifisti» di professione, sempre pronti a marciare contro Washington o Tel Aviv, evitano di pronunciare il nome dell’aggressore: Mosca.

In certi ambienti culturali e mediatici, la narrazione filorussa è penetrata a fondo, scambiando antiamericanismo per pensiero critico. Risultato: la causa ucraina è stata isolata, sminuita, derubricata a fastidioso capitolo geopolitico.

Dall’altra parte, il Medio Oriente è esploso. Il 7 ottobre, Hamas ha massacrato civili israeliani con una ferocia sanguinaria che nemmeno le immagini più crude sono riuscite a restituire del tutto. Dietro, l’ombra lunga di Teheran e le complicità di chi ha interesse a destabilizzare. Israele ha risposto con la forza, com’era prevedibile. Ma il governo Netanyahu, indebolito da lotte interne e scelte estremiste politiche e religiose, ha aggravato la frattura.

Il caso giudiziario di Netanyahu, da cui avrebbe voluto uscirsene senza processo, grazie all’approvazione di un atto legislativo che l’avrebbe assolto, ha accentrato l’attenzione degli israeliani sul premier, trascurando i nemici storici: Hamas, Hezbollah, Iran. E anche qui, il copione ucraino si ripete: condanne formali, poi subito il riflesso condizionato di certi settori politici e intellettuali europei pronti a negare la realtà, a rovesciare cause ed effetti, a presentare l’aggressore come vittima e la vittima come colpevole.

Si grida «Palestina libera» e si boicotta Israele in quanto Stato e in quanto popolo. Si confonde il governo con l’identità, la politica con l’etnia. È così che ritorna l’antisemitismo: con un nuovo linguaggio, ma lo stesso odio antico. E lo si fa persino dentro le istituzioni. In Puglia, nel Comune di Bari, si chiedono rotture di rapporti di «ogni tipo» con Israele, arrogandosi diritti che non appartengono loro. «Pro Pal» contro Israele, invece di prendersela con Hamas che non libera gli ostaggi.

Succede in molte parti d’Italia che si fa finta di colpire Netanyahu, ma si prende di mira l’ebraismo. È questo che inquieta: l’ipocrisia che veste di umanitarismo il più vile dei pregiudizi. Siamo circondati da «panciafichisti» e «chierici del buonismo». Specialisti nel confondere la verità, maestri dell’equidistanza a convenienza.

In nome dei diritti, assolvono chi li nega. In nome della pace, giustificano il terrorismo. L’intellettualismo si fa scudo dell’ambiguità. La politica smette di scegliere per non rischiare. E mentre gli uni parlano di «dialogo», gli altri bruciano bandiere e invocano la distruzione d’Israele. Non è coscienza critica: è vigliaccheria travestita da impegno civile. È barbarie con l’alibi dell’umanitarismo.

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