Archiviato il primo turno delle elezioni amministrative, l’attenzione si sposta ora verso il secondo turno dell’8 e 9 giugno, nei comuni in cui alcun candidato sindaco ha superato il 50% . Tra questi, città emblematiche come Taranto e Matera, dove l’alta affluenza del primo turno ha sorpreso gli osservatori, rischiano ora una brusca frenata. Il rischio concreto, infatti, è un forte calo della partecipazione, fisiologico ma potenzialmente decisivo.
La ragione è semplice e strutturale: molti elettori non ritroveranno più i loro riferimenti politici e personali al secondo turno, essendo rimasti esclusi i candidati sindaci e i consiglieri comunali delle liste meno votate. Il ballottaggio, si sa, è una partita a due, e proprio questa polarizzazione stringente rende più difficile la mobilitazione di un elettorato variegato e spesso frammentato. Prima del ballottaggio c’è l’operazione apparentamento in cui ciascuno candidato sindaco, se ci sono le condizioni politiche, dovrà allearsi con le liste perdenti dei candidati sindaco, per gettare le basi per la vittoria. Il consiglio comunale di Taranto è composto di 32 consiglieri in base a chi vincerà, verrà riconosciuto il premio di maggioranza che modificherà i rapporti di forza tra maggioranza e minoranza.
La sfida, ora, non è solo di tenuta, ma di espansione del consenso: non basta riconfermare i voti del primo turno, bisogna conquistare quelli orfani di rappresentanza diretta, convincere gli indecisi, e riattivare gli sfiduciati, che potrebbero optare per l’astensione o per il voto nullo. È un compito politico, non solo organizzativo. Per i due candidati che si sfideranno per la fascia tricolore, si apre ora una fase tutta nuova, una campagna elettorale dentro la campagna, dove bisognerà alzare l’asticella, personalizzare il messaggio, e soprattutto rendere chiara la posta in gioco. Non basteranno slogan, non basterà la semplice contrapposizione civico contro politico o progressismo contro altro. Servirà un messaggio chiaro su cosa rappresentano, e soprattutto cosa faranno nei prossimi cinque anni.
Da una parte, dovranno mobilitare i propri candidati e i quadri delle liste in corsa, affinché riportino ai seggi il loro elettorato. Dall’altra, i due sfidanti dovranno convincere i cittadini che non hanno più un proprio candidato in gara, mostrando di essere in grado di rappresentare anche gli esclusi. Questo implica non solo aperture programmatiche, ma anche proposte politiche concrete sui temi caldi della città: lavoro, servizi, gestione del territorio, qualità della vita, e soprattutto trasparenza e partecipazione.
Il ballottaggio, dunque, sarà una prova di maturità politica. Non vince solo chi prende un voto in più. Vince chi riesce a dare un senso collettivo e condiviso alla propria proposta, parlando non più solo alla «propria» gente, ma all’intera comunità cittadina. Sarà decisivo chi saprà incarnare meglio il profilo di un sindaco «per tutti», capace di guidare la città in una fase complessa come quella attuale.
Hic et nunc, qui e ora, i candidati dovranno dare il meglio di sé. La fascia tricolore non si conquista a colpi di slogan: si ottiene dimostrando di essere all’altezza del governo della cosa pubblica. E convincendo anche chi, finora, era rimasto alla finestra. I due candidati in corsa, a Taranto, Piero Bitetti e Francesco Tacente, a Matera, Roberto Cifarelli e Antonio Nicoletti, hanno davanti a sé non solo una competizione elettorale, ma una sfida politica e culturale: trasformare la propria proposta da mera somma di consensi in una vera architettura di governo. Chi riuscirà a incarnare una visione integrata di città - politica, sociale, economica, ambientale - potrà davvero ambire a diventare sindaco, non di una parte, ma di un’intera comunità.
Il civismo, a Taranto, domina la scena. I partiti, al di là delle sigle ufficiali, hanno spesso agito da comparse, lasciando spazio a coalizioni ampie, personalistiche, talvolta contraddittorie. La debolezza strutturale delle formazioni politiche tradizionali ha aperto la strada a soggetti e liste che si aggregano più attorno a nomi che a visioni, più alla contingenza che alla coerenza. È una tendenza diffusa a livello nazionale, ma che nella Città dei due mari assume tratti particolarmente marcati. La scomparsa del sistema dei partiti, però, non è senza conseguenze: rischia di svuotare la democrazia del suo senso più alto, fatto di partecipazione attiva, dialettica, confronto fra idee, e non solo fra ambizioni personali. In questo contesto, il «jolly vincente» non potrà essere solo l’empatia o la notorietà del candidato. La vera chiave sarà la politica, intesa nella sua accezione più nobile: progettare il futuro di Taranto con una visione chiara e condivisibile. Il programma - concreto, credibile, orientato al bene comune - dovrà essere l’altro asse portante su cui fondare la conquista del consenso. Non basteranno promesse generiche, né slogan civici di comodo. Taranto ha bisogno di un’agorà, di tornare a essere centro vitale di decisione politica, sviluppo economico, promozione culturale e rinascita sociale. Una Città che non ha bisogno di «cabine di regia» esterne di suggeritori occulti e, comunque, riacquisti lo spirito «cataldiano». Ovverosia, che punti sulle proprie forze endogene e ci sia permesso la licenza, che sia «autarchica e patriottica«, avendo natali nobili e una tradizione ricca di testimonianze storiche. Una Città che ritrovi orgoglio e ambizione, consapevole delle sue ferite, ma capace di trasformarle in risorsa per costruire un modello innovativo e sostenibile, lungi dall’assistenzialismo.
Bitetti e Tacente, se vogliono realmente giocarsi la vittoria, dovranno smettere di rincorrere il consenso tattico e iniziare a offrire una visione strategica. A parlare non solo ai propri elettori, ma anche e soprattutto a quelli privi di rappresentanza, che al ballottaggio potrebbero disertare i seggi. Dovranno tracciare identità nette, riconoscibili, per rendere la scelta dell’elettore meno ambigua e più motivata. Perché, alla fine, sarà proprio la capacità di incarnare un’idea forte di «polis» a fare la differenza. Taranto aspetta una guida. Ma ancor più, attende un progetto.