Celebriamo la Pasqua in quest’ anno giubilare in cui Papa Francesco ci ripropone il messaggio della speranza. Ci dice il vangelo di Giovanni: «Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro» (Gv 20,1). Il primo giorno della settimana quando era ancora buio. Anche oggi, mentre tutto è ancora buio, torniamo a parlare di speranza e sembra la descrizione di quanto stiamo vivendo nelle varie e terribili guerre del mondo dall’Ucraina, alla Terra Santa, al Myanmar, al Sudan… Al di là delle strategie politiche ed economiche ci vuole qualcosa d’altro per darci speranza. Tornando al vangelo è chiaro che non è stato l’amore della Maddalena a far rotolare il macigno che chiudeva il sepolcro, né la fede degli apostoli dominati da un profondo sconforto come testimoniano i discepoli di Emmaus pieni di delusione dopo la morte di Gesù. «Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute»(Lc 24, 21). Ma proprio mentre la tristezza li domina, mentre stanno abbandonando Gerusalemme uno strano passante si fa compagno di cammino e ascolta i loro lamenti. E qui le storie delle apparizioni del Signore risorto si intrecciano. Maria Maddalena va al sepolcro, non demorde, desidera almeno ricuperare e ungere il suo corpo e accade qualcosa: un Altro le dice: «Donna perché piangi? Chi cerchi?». Si sente chiamata per nome «Maria»! E lei lo riconosce e risponde nella sua lingua ebraica «Rabbuni!» «Maestro!». E nel cenacolo gli Apostoli lo riconoscono mentre dice loro «Pace a voi. Sono io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho!». «Avete qui qualcosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito e lo mangiò davanti a loro” (Cfr. Lc 24 39-41). Toccano il corpo d Gesù con grande gioia e stupore e mangiano con Lui. Tutte cose molto concrete.
Gli scettici soprattutto dei tempi moderni diranno: se le sono inventate! In realtà avviene un cambiamento che dallo sconforto e dall’incredulità dell’apostolo Tommaso passa a qualcosa al di là di ogni calcolo. Tutti improvvisamente si trovano di fronte ad un fatto: il maestro si presenta vivo, con i segni della crocifissione, ma vivo. Ed è questo avvenimento che fa sorgere lo « stupore e la gioia grande» della Maddalena e dei Discepoli sino alla fede dello stesso apostolo Tommaso che dice: «Mio Signore e mio Dio». Un fatto imprevisto e sorprendente suscita la fede.
In un articolo su L’Osservatore Romano, Andrea Tornielli cita le parole della professoressa ebrea Paula Fredriksen, emerita di scritture presso la Boston University, che nel suo libro «Jesus of Nazareth: King of the Jewish» scrive: «So che nei loro termini quello che videro fu Gesù risuscitato. Questo è quello che dicono i discepoli. Tutte le prove storiche che abbiamo in seguito attestano la loro convinzione che questo è ciò che hanno visto. Non sto dicendo che abbiano davvero visto Gesù risorto. Non c'ero, non so cosa abbiano visto. Ma come storica so che devono aver visto qualcosa. La convinzione dei discepoli di aver visto il Cristo risorto... ha fondamenta storiche, fatti conosciuti indubitabilmente della prima comunità dopo la morte di Gesù». La studiosa afferma così che un fatto visto ha suscitato la fede. Fatti solidi suscitano la fede. La ragione di quei pescatori non abituati a speculare si spalanca di fronte a fatti che li riempiono di meraviglia che illuminano la strada della vittoria sulla morte. Non una violenza sulla ragione, ma il compiersi di una speranza che la ragione e il cuore desiderano. E questo non accade in un circolo di filosofi, ma nel convivio con un gruppo di persone che nell’incontro col Nazareno hanno avuto la vita cambiata. Una comunità invitata ad andare sino ai confini del mondo (Mt 28, 19-20). Tutto questo non è automatico come una equazione matematica; comporta il rischio della libertà che aderisce ad un amore più grande nel quale vediamo il compimento del nostro destino. Ma già Platone aveva affermato nel suo dialogo «Fedone»: «Il rischio è bello». All’inizio di questo mese di aprile sono stato in Terra Santa in missione di pace a nome dell’Associazione «L’isola che non c’è» insieme al suo presidente onorario Franco Giuliano e al cantante Al Bano. Abbiamo consegnato al Cardinale Pizzaballa un’opera d’arte, un medaglione di gesso, benedetto da papa Francesco e raffigurante due profeti di pace: lo stesso papa Francesco e don Tonino Bello. Nonostante il viaggio fosse sconsigliato dal governo italiano siamo andati ugualmente anche se non ci era stata data l’assicurazione internazionale. L’accoglienza del cardinale è stata cordialissima e ci ha ringraziato per esserci mossi anche senza le garanzie assicurative per la causa della pace. Ci ha anche detto che anche tra tanti segni contrari non possiamo perdere la speranza e ci ha raccontato del dramma terribile degli ostaggi israeliani e degli attacchi sulla fascia di Gaza che in un suo intervento ha definito «drammatici, catastrofici e vergognosi». Poi siamo stati nella Scuola della Terra Santa di Gerusalemme con alunni dall’infanzia alle medie superiori, cristiani e mussulmani e a Betlemme (in territorio palestinese) abbiamo incontrato religiose che insieme a giovani volontari accolgono bambini con gravi disabilità, orfani, abbandonati e profughi. In questi luoghi Al Bano ha cantato l’Ave Maria e poi, a grande richiesta dei presenti, la sua voce vibrante ha intonato «Felicità». Preghiera e canto si sono uniti in un segno di speranza per piccoli e grandi. Sono stati un segno di fede operosa e di solidarietà di frati, suore e giovani laici che difendono la vita in condizioni molto difficili. Ci diceva il cardinale che l’assenza dei pellegrinaggi ha reso molto critica la situazione già drammatica per la guerra. E ci invitava a far riprendere i pellegrinaggi anche per evitare il fallimento economico. L’altro aspetto che ha caratterizzato questo viaggio è stata la visita ai luoghi santi del cristianesimo. Al Bano ha detto che aveva tante volte cantato e visitato Israele, ma questa volta Nazaret, Betlemme e Gerusalemme hanno suscitato in lui un impatto differente di fede. Abbiamo visitato anche il Terra Sancta Museum che valorizza il patrimonio storico, archeologico di questi luoghi. Sculture, mosaici, pitture, monete che riferiscono di una storia dell’antico e del nuovo testamento in modo mirabile. Il mio amico Giuliano ha detto che vedere monete, vasi, anfore documenta il fatto che, in particolare i vangeli, non sono puri racconti edificanti, ma ogni racconto è legato a un segno oggettivo; a cominciare dal luogo dell’annunciazione a Nazaret, della natività a Betlemme e della passione e resurrezione a Gerusalemme. E così torniamo a quanto dicevo prima riprendendo la testimonianza della professoressa di esegesi biblica: «la convinzione dei discepoli ha fondamenta storiche». Dei fatti hanno suscitato la fede degli apostoli nella resurrezione che permane nel tempo, vince la morte e rende possibile il cambiamento della vita. Buona Pasqua a tutti!