È probabile che Giorgia Meloni abbia tirato fuori il Manifesto di Ventotene con il proposito di mandare in secondo piano le divisioni del centrodestra sul riarmo o come si voglia chiamarlo. Ma non c’è dubbio che si è fatta confusione tra il sentimento ispiratore di quel testo che nel dopoguerra ha portato Altiero Spinelli del Pantheon degli europeisti (anche se il Pci, col quale era eletto come indipendente di sinistra, votò contro la nascita di tutti gli organismi europei) e un contenuto che aspirava a sostituire la dittatura nazifascista con una del partito rivoluzionario di estrema sinistra.
Che ci sia un problema nel centrodestra è peraltro indiscutibile. Tra due settimane la Lega celebrerà il suo congresso nazionale dopo cinque anni: un’epoca fa. Salvini, segretario da dodici, vuole rafforzare la sua leadership ed è scontato che alzi i toni. Il risultato è che un uomo equilibrato come Riccardo Molinari mercoledì mattina diffidi alla radio Giorgia Meloni dall’approvare il ReArm al consiglio europeo di ieri e nel pomeriggio come capogruppo alla Camera confermi la piena fiducia della Lega in Giorgia Meloni. Come i socialisti furono a lungo alleati dei democristiani al governo e dei comunisti in alcune giunte regionali e comunali, la Lega gioca in Europa una sua partita con Orban e i Patrioti e un’altra in Italia di piena lealtà con la maggioranza di governo. C’è poi la strategia di non perdere terreno rispetto alla Meloni nei confronti dell’amministrazione americana. Ieri Salvini ha parlato con il vice presidente Vance annunciando una visita Washington accompagnato da imprenditori, che è esattamente quello che fa un presidente del Consiglio. A Bruxelles la Meloni si è mossa con molta prudenza. È soddisfatta del colloquio con la Von der Leyen, nonostante le sue riserve sui termini del ReArm soprattutto per quel che riguarda il nostro debito. Ha fatto inserire nella conclusione l’ipotesi dei finanziamenti privati al riarmo, proposti da Giorgetti. Mantiene un piede in Europa e allunga l’altro negli Stati Uniti ammonendo a non entrare in una guerra per quei dazi che ieri, per la prima volta, Trump ha definito flessibili.
Da sinistra Schlein ha rilanciato l’esercito europeo che Meloni teme troppo fuori del controllo italiano, che è stato sognato a lungo da larga parte della mia generazione, ma che purtroppo non esiste e che difficilmente esisterà senza una unione politica europea. Per il resto, l’opposizione dovrebbe rammentare un celebre passo del Vangelo di Matteo (7, 1-29): «Non giudicate per non essere giudicati… Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello e mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo?». La maggioranza ha votato una mozione, l’opposizione sei, una per partito. Uniti su Ventotene, ma sulla discussione a Bruxelles….