«Collegare l’attuale fase storica e la ricerca culturale e sociale allo spirito dei fondatori. La ricerca è la strada maestra per avvicinarsi alla verità, deve essere interdisciplinare e porre al centro la persona umana, i suoi valori e i suoi diritti, libertà e dignità prima di tutto». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, 83 anni, al secondo mandato, entra subito in sintonia con la grande platea del centro congressi del campus universitario di Lecce. Docenti, studenti, rappresentanti di atenei europei e italiani, dipendenti dell’università del Salento, politici e amministratori, rappresentanti dello Stato e, ovviamente, colleghe e colleghi dei media, tutti attentissimi, non perdono una parola e il suo significato profondo. Nei passaggi significativi non mancano gli scambi di intesa tra i presenti, accolti come liberazione e condivisione, in molti volti si avverte una sorta di ringraziamento per una riflessione accolta come dono provvidenziale.
È l’apertura del settantesimo anno accademico. Facciamo un salto indietro: siamo nel 1955, 22 novembre, iniziano le lezioni nei tre corsi di laurea della facoltà di Magistero. Primo rettore (lo sarà per 20 anni), Giuseppe Codacci Pisanelli, eletto all’assemblea costituente e poi deputato della Democrazia cristiana. È la generazione di Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi, Enrico De Nicola, Ezio Vanoni, e poi Aldo Moro. È la fase storica della ricostruzione dopo le rovine della seconda guerra mondiale, dell’impegno straordinario e continuo, del centro politico e della speranza nella crescita civile ed economica. La scelta è corale, tutta comunitaria diremmo oggi, matura prepotentemente dal basso: vogliamo la cultura e l’istruzione per i nostri giovani, cominciando dalle ragazze, dannate da sempre all’emarginazione delle donne casalinghe.
L’Italia meridionale è ancora povera, eppure i piccoli comuni del Salento si appellano alle famiglie per ottenere donazioni e fondi necessari per realizzare le prime aule didattiche. Operazione di popolo riuscita! Ecco, è lo spirito originario del tempo, della nascita della democrazia evocato dal presidente Mattarella, evocato e quasi «invocato» perché di fronte alle rovine e alla frantumazione granulare del nostro tempo, di guerre e di scontri imperiali per il dominio, solo rilanciando quello spirito, con i dovuti aggiornamenti, l’Italia potrà con la sua cultura e la sua civiltà, classica e spirituale, rilanciare sé stessa in Europa e nel mondo. Sempre con la persona al centro di ogni relazione, umana in primo luogo, nei laboratori e nelle aule, e poi nelle stesse aperture a tutte le altre comunità, nazionali e internazionali, a cominciare dall’Europa.
Il presidente della Repubblica parla per circa 10 minuti. Interrotto da applausi, veri e sinceri. «Dialogo, ascolto, confronto con tutti, ricerca, solo così si potrà riprendere con decisione il percorso con l’obiettivo della conoscenza». Mattarella è un grande studioso del diritto, nelle sue diverse articolazioni istituzionali. Il diritto che accompagna il cammino delle Regioni e dello Stato, ma sempre nel rapporto virtuoso con i principi costituzionali. Ascolta con attenzione gli interventi del rappresentante degli studenti, Enrico Greco, dei dipendenti Danilo Migoni, e quindi del rettore Fabio Pollice («l’amico Fabio») e del direttore della Treccani, Massimo Bray, leccese, parlamentare e ministro della cultura nel governo Letta (2013-2014), molto apprezzato anche dalla platea.
Il pensiero del capo dello Stato è rivolto al futuro. Senza una vera conoscenza non si potrà lottare per il bene. Sì, le opinioni sono da ascoltare sempre, ma ci sono opinioni ben fatte e opinioni sterili e a volte d’odio da respingere. Le opinioni ben fatte possono aiutare la ricerca e l’impegno a conoscere. Mattarella insiste sulla necessità di una interazione tra le diverse discipline, superando così le chiusure monodisciplinari del positivismo ottocentesco. Sempre con al centro i valori dell’umanesimo rappresentati da ogni singola persona, superando così l’individualismo neoliberale. È questa la grande missione dell’università.
L’ateneo leccese nel 2006 è divenuto Università del Salento, dimostrando così una costante apertura alle necessità e alle domande delle altre città del Salento, Brindisi in primo luogo. Attualmente si articola in nove dipartimenti, tra scienze umane, giuridiche, economiche, matematica, ambientali e tecnologiche. Con il corso di laurea in medicina si aprono nuovi orizzonti: il primo e significativo è il centro di terapia genica nel polo Ecotekne. Ecco, la conoscenza è ricerca, la ricerca è antica quanto l’episteme di Platone e Aristotele ma apre nuove frontiere di applicazioni scientifiche. Unisalento ha superato i 19mila iscritti, conta su 634 docenti, con 34 corsi di laurea triennale, 37 di magistrale. Cresce il numero degli iscritti del bacino del Mediterraneo, tra questi molti di alto livello culturale. Unisalento cresce grazie anche alla spinta e al sostegno del presidente Sergio Mattarella.