Sabato 06 Settembre 2025 | 06:10

Scuola sotto assedio: i genitori sono ormai «sindacalisti» dei figli

 
Lino Patruno

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Lino Patruno

Scuola sotto assedio: i genitori sono ormai «sindacalisti» dei figli

Picchiamo i medici. Picchiamo gli autisti dei bus. Picchiamo i tassisti. Picchiamo per un parcheggio conteso. Uccidiamo per uno sguardo non gradito o per una scarpa sporcata o per rubare le cuffie di un cellulare

Venerdì 29 Novembre 2024, 12:40

Picchiamo i medici. Picchiamo gli autisti dei bus. Picchiamo i tassisti. Picchiamo per un parcheggio conteso. Uccidiamo per uno sguardo non gradito o per una scarpa sporcata o per rubare le cuffie di un cellulare. Ammazziamo una donna ogni tre giorni. Siamo sconcertati e diciamo, dove stiamo andando. Aggiungiamo che non c’è mai stato un mondo così. Qualche satanasso (anche al governo) dice che ci vorrebbe la pena di morte. I più ragionevoli e timorati di Dio affermano che dovrebbe essere la scuola a insegnare la civiltà del vivere e del coesistere. Macché, picchiamo anche gli insegnanti.

L’ipocrisia di addossare responsabilità alla scuola pretendendone autorevolezza e nello stesso tempo di sabotarla e di non riconoscerne il ruolo. Il fatto è che i cattivi sono sempre gli altri in un Paese in cui anche gli italiani sono sempre gli altri.

Un tempo, dopo un rimprovero a scuola, si diceva: quando verrai a casa, avrai il resto. Comunque sbagliato. Ma lo si diceva prima che nascesse il Gas, Genitori associati scuola, il nuovo sindacato senza tessere ma con tanti iscritti. Grazie al quale ogni ragazzo si sente immune per ogni sua mancanza. E di fronte al quale i docenti si sentono come sotto assedio. Finché in un fine novembre barese viene fuori una preside. La quale, proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto esporre i suoi gioielli per attirare iscrizioni, li espone a modo suo. Questo è il liceo da molti desiderato perché alla moda pur essendo in un quartiere tutt’altro che di moda.

Ma questo è anche il liceo nel quale teppistelli fotografano le targhe dei professori, sfottono un compagno per un brutto voto o perché in sovrappeso o troppo magro.

Beh, colpa dei social che istigano al tutto si può. No, è colpa di voi genitori che trasmettete le vostre frustrazioni ai vostri figli, attraverso loro volete rifarvi delle vostre incapacità e delle vostre sconfitte. Quindi li fate crescere solo nel mito del successo e del denaro: «e quando sarete vecchi vi abbandoneranno in una casa di cura e a 18 anni si faranno di Ketamina». Certo, preside, li coccolano non sapendo mai dirgli mai no: altrimenti gli prende il trauma. Sa, sono così fragili. Anzi non parlano con loro, hanno troppo da fare e non li capiscono e, senti, non possiamo impazzire. E si limitano a infondergli un amore low cost, a poco prezzo, non consistente nell’educarli alle difficoltà come, magari, un cattivo voto. Ma nel difenderli sempre e comunque contro i loro professori anche quando sanno che la sera prima non hanno studiato perché stanchi o annoiati o non avevo voglia o avevo la festa.

Ma poi, via, «sono ragazzate». Come sanno i palloncini al cielo e le piccole bare bianche e i peluche di chi alle ragazzate e al bullismo non ha retto.

Ma poi, la scuola. Dice il ministero: «Un luogo sacro da tutelare». Magari meno sacralità e meno annuali surreali riforme e più attenzione a un luogo che si è fatto di tutto per trasformare in «non luogo»: quelli senza uno spirito e senza un’anima. Quelli svuotati di ogni senso. A cominciare da chi la fa, la scuola.

Quegli insegnanti un tempo da tutti rispettati e ora tanto poco considerati da non capire perché studenti e genitori debbano vedere in loro qualcosa al di sopra e appunto degno di rispetto. E non è solo problema di compensi sottoproletari, come si diceva una volta. Ma anche di formazione e nessun pranzo è gratis. Ma anche di mezzi a disposizione, vero, preside che non le manda a dire? La carta igienica che non c’è non vale una lezione di latino, ma vale quanto basta a capirci.

Professori sempre più deboli, sempre più soli più che riconosciuti, onorati, tutelati. E le regole, le regole. Richieste in un’era un tantino sregolata in gara per il sempre peggio vincente. In offerta premium. Regole richieste a una scuola cui non si perdona neanche la regola di dare un voto invece che un giudizio perché il voto sarebbe troppo drastico. Anzi diseducativo. Beh, offensivo.

Sicché la livella di Totò qui funziona anche da vivi, come se il bravo dovesse vergognarsi di esserlo perché non democratico verso il somaro (pardon, il meno bravo). Politicamente scorretto. E se addirittura me lo bocci, noi ricorriamo al Tar come si fa fra aziende. Essendo la scuola sempre più azienda dove infine si evita anche di bocciare altrimenti scende il rating, la quotazione. E boccino anche te.

Così va avanti la commedia nazionale. Ha detto ancora la preside rompendo i bicchieri: più che farmi telefonare dagli assessori per raccomandare i vostri figli, pensate ad ascoltarli. Voi vi fate uno storytelling, vi create un storia sui vostri figli, una narrazione, invece loro si appartengono, fanno la loro storia. In questo storytelling c’è la convinzione che se a scuola hanno difficoltà, la colpa è della scuola.

E ci mancherebbe, mica può essere delle vostre famiglie. Magari la colpa è di «un vuoto cosmico di valori», come dice la preside Tina Gesmundo del «Salvemini» di Bari.

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