Sabato 06 Settembre 2025 | 06:01

Il neo regionalismo sempre più divisivo chiama in causa la politica

 
Ettore Jorio

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Ettore Jorio

Il neo regionalismo sempre più divisivo chiama in causa la politica

Le materie in contesa hanno rappresentato la trama dell’aspro confronto politico tra Governo e opposizioni, cui hanno partecipato i sindacati, seppure distintisi sul piano dell’entità e la durezza delle eccezioni

Giovedì 14 Novembre 2024, 12:14

Ore di trepidazione, se non giorni di alta tensione. A determinarli sarà l’attesa dell’esito delle udienze tenutesi il 12 novembre scorso avanti la Corte Costituzionale relativamente ai contenziosi instaurati ad istanza delle Regioni Puglia, Campania, Sardegna e Toscana. Così come si registrerà inquietudine in attesa di quell’improbabile via libera di convalida della Cassazione al referendum abrogativo invocato dall’oltre un milione di firme raccolte ad abundantiam, rispetto a quanto sancito dall’art. 75 della Carta, (si veda qui articolo di prima dell’appena 12 novembre scorso). Sui quali referendum toccherà poi alla Consulta decidere sulla loro ammissibilità.

Per entrambi gli esiti ci vorranno presumibilmente da tre a cinque settimane.

Le materie in contesa hanno rappresentato la trama dell’aspro confronto politico tra Governo e opposizioni, cui hanno partecipato i sindacati, seppure distintisi sul piano dell’entità e la durezza delle eccezioni.

Due i «casus belli»: la questione di legittimità costituzionale della legge cosiddetta Calderoli, attuativa dell’art. 116, comma 3, della Costituzione, nella sua totalità ovvero nella parzialità; il giudizio di ammissibilità dei referendum di abrogazione della legge 86/2024, verosimilmente in forse, vista la sua particolare genesi tributaria.

I giudici costituzionali impiegheranno qualche settimana a svolgere i lavori in Camera di Consiglio, supponendo la rinuncia dei medesimi a rappresentare ad horas ogni genere di sintesi della loro decisione rinviando il tutto, probabilmente, a poco prima di Natale. Un modo per fare combaciare l’ammissibilità o meno del referendum da parte della Corte di Cassazione. Ciò salvo una improvvisata del presidente Barbera nel fornire una qualche anticipazione in apposita nota stampa.

In presenza di accoglimenti dei ricorsi avanti alla Consulta avverso la legge 86/2024, tutti i contendenti saranno comunque invitati a raggiungere gli spogliatoi, ivi comprese le quattro Regioni (Veneto, Lombarda, Piemonte e Liguria) che hanno fatto istanza di accesso alla differenziazione delle nove materie non leppizzabili.

Diversamente accadrà nell’ipotesi di un giudizio di illegittimità parziale della anzidetta legge scandito in una non infrequente sentenza correttiva additiva. In una siffatta ipotesi, se concretizzata prima del giudizio della Cassazione, la partita ricomincerebbe da capo, mandando negli spalti i due referendum. Una partita da giocarsi però su un diverso terreno di gioco: il Parlamento.

Le due Camere saranno, infatti, tenute a rivedere il testo nella parte falcidiata dalla Consulta, offrendo un maggiore respiro alle contestazioni politiche in atto.

Prima di tutto, avranno l’onere di decidere la non riproposizione (se non contestata dalla Consulta) ovvero l’abrogazione dell’art. 3, comma 3, della legge 86/2024. Quello che, nella sostanza, esclude le nove materie da quelle riconducibili ai Lep e, in quanto tali, già oggetto di istanza di differenziazione (quanto alla protezione civile) da parte delle solite Regioni del nord del Paese (Veneto, Lombarda, Piemonte e Liguria). Insomma, necessita evitare che ci siano nella legge, a decorrere dal 13 luglio scorso, occasioni utili a spaccare il Paese e la Nazione. Una modalità da interdire che potrebbe tuttavia trovare, da subito, una soluzione in tale senso a cura del Governo con l’adozione di un apposito decreto legge, considerata l’urgenza che c’è di provvedere. Un test politico utile ma difficile però da concretizzare, perché farebbe saltare dalla sedia Calderoli &Co.

Se questa sarà la opzione della Consulta, ci sarà altro da riparare, probabilmente il quasi silenzio in tema di funzionamento del sistema perequativo e di valorizzazione dell’autonomia tributaria.

La situazione venutasi a creare con l’attuazione dell’art. 116, comma 3, della Costituzione del 2001 è, infatti, non più sostenibile, sia sotto il profilo politico che sociale. Di conseguenza, non si contano i malcontenti in seno al Governo, le divergenze nei partiti, i protagonismi sparsi e differenziati dei presidenti di Regioni, le interpretazioni improprie del regionalismo differenziato (a cominciare dalla denominazione di autonomia differenziata!), la confusione grave con il federalismo fiscale, la messa in discussione dei Lep senza comprendere la loro indispensabilità per evitare le diseguaglianze di oggi. Insomma, l’esatto contrario di ciò che necessita per offrire una soluzione unica e immediata del nuovo regionalismo.

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