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L'Europa si sveglia «più nera» ma qui comanda l'«anomalia italiana»

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

L'Europa si sveglia «più nera» ma qui comanda l'«anomalia italiana»

In questo senso, Mimmo Lucano e Ilaria Salis sono, a sinistra, la stessa «X» di goduria che Vannacci è per gli elettori di destra

Mercoledì 12 Giugno 2024, 12:00

Carola Rackete, la capitana che sfidò Salvini dal ponte della Sea Watch 3, si è candidata alle Europee con la Linke (la sinistra tedesca) e ha incassato il 2,5%. Una débacle. Si è detta scioccata e incredula, la capitana, e ha puntato il dito contro la «marea nera» che sta sommergendo l’Europa, «dalla Francia di Marine Le Pen all’Italia di Giorgia Meloni».

Ha ragione? Non proprio perché, al solito, se tutti (o quasi) remano da una parte, Roma va dall’altra. La mitica «anomalia italiana». Che pure stavolta c’è, anche se non si vede. Iniziamo dai numeri: il centrodestra conserva un vantaggio di oltre 6 punti percentuali sul campo largo (47,4% contro 41) ma il consenso non è strutturale, bensì personale. Si poggia tutto sull’appeal che Giogia Meloni - tra una battuta in romanesco, una esibizione di ciliegie e una pedata verbale a De Luca - riesce a conservare nonostante la linea incolore del suo governo. Ma le infatuazioni passano. Durano più o meno due anni come insegnano le parabole drammatiche di Renzi e Salvini. Poi ci vogliono i fatti. Motivo per cui questa vittoria fa più male che bene alla premier che, ubriaca di sé, rischia di non vedere la terra franare quando gli elettori cominceranno a battere cassa e a lamentarsi di un governo che, almeno in economia e politica estera (la «struttura», direbbe Marx), non fa nulla di diverso da quelli che l’hanno preceduto e sono stati mandati a casa con disonore. L’hanno votata per cambiare ma sta cambiando poco o nulla. Quanto durerà?

E ancora. Se la Lega di Salvini non è del tutto sparita dalla cartina geografica della politica lo deve a un signore - che di cognome fa Vannacci - travolgente nelle urne. Cerchiamo di far ritrovare il sonno ai benpensanti che si rigirano sudati sotto le coperte arrovellandosi su come quel fascista da operetta - fra un libro autopubblicato e una tirata etnica - sia riuscito a far cassa alle urne. Togliamoli dall’angoscia: sono loro «il colpevole». Per questo non lo trovano perché, per farlo, dovrebbero guardarsi allo specchio. A creare Vannacci sono i piccoli moralizzatori indignati, quelli che ogni giorno salgono in cattedra per educare la plebaglia rozza e inquinante ad essere inclusiva ed ecologica, fra una bici, un asterisco e una «presidenta». I Vannacci del mondo esistono perché esistono loro. Una nemesi da mezzo milione di voti. Ma anche qui è puro consenso personale, una «decima» di soddisfazione per chi non sopporta la piccola pedagogia progressista.

Dall’altra parte, invece, sembra esserci più sostanza. Gli spin doctor del Pd - chissà con quanta fatica - hanno convinto Elly Schlein a deporre le supercazzole genderfluid e a parlare di sanità pubblica, Sud e lavoro («dì qualcosa di sinistra»). Ha funzionato. Così come ha funzionato la batteria di candidati riformisti come Antonio Decaro, Stefano Bonaccini e Giorgio Gori - praticamente tutti ex renziani - che hanno rastrellato voti su voti in ogni angolo delle penisola. È la solidità delle argomentazioni sociali unita alla narrazione del buon governo locale: un mix vincente che, soprattutto nel Mezzogiorno, ha colto nel segno anche grazie al combinato disposto tra eliminazione del Reddito di cittadinanza e Autonomia differenziata, una doppia zappa sui piedi - la prima sostanziale, la seconda (per ora) ideale - che il centrodestra si è inflitto senza dare ai meridionali nulla in cambio.

Questo inedito esercizio di realismo, comunque, non elimina il voto ideologico che pure a sinistra resiste e che ha preso la strada dell’alleanza fra vendoliani e Verdi: hanno registrato un esaltante 6,7%, svuotando probabilmente un M5S rimasto aggrappato alla «questione morale» che però, ormai, come anche il voto barese sembra suggerire, sposta poco i consensi. In questo senso, Mimmo Lucano e Ilaria Salis sono, a sinistra, la stessa «X» di goduria che Vannacci è per gli elettori di destra: l’hanno messa soprattutto i giovani - come certifica l’analisi del voto dei fuorisede - cosa che fa certamente contenti Fratoianni e Bonelli ma che segnala un’ulteriore anomalia italiana: mentre i giovani di mezza Europa votano Le Pen o addirittura l’etno-nazionalismo tedesco di AfD, e contemporaneamente bocciano i Verdi (crollati in Germania), qui assistiamo al fenomeno opposto. Forse siamo dieci anni in ritardo. O forse, semplicemente, il governo dei sovranisti che doveva cambiare tutto (soprattutto in Europa) è appassito in una auto-normalizzazione triste che ha poco da dire agli under 30. I nazionalisti francesi, tedeschi e austriaci al potere non ci sono ancora arrivati e, dunque, la speranza di cambiamento lì è ancora forte. Da queste parti, invece, tutto è nei binari della «gestione ordinaria» e della simpatia nazionale per una leader battagliera che spera nella vittoria di Donald Trump per iniziare a fare qualcosa di destra. Generale, cosa c’è dietro la collina? Una «decima» provocatoria e, di fatto, niente più.

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