Un vecchio e giustificato detto dice «Se Parigi avesse lu mere, sarebbe una piccola Beri» . Il detto, indubbiamente corretto – basta andare a Parigi per rendersene conto- oggi dovrebbe avere una aggiunta edizione del tipo «Se SS Beri avesse per padroni i tifosi, Barcellona sarebbe una piccola Bari».
I paralleli fra città richiedono a volti salti di fantasia che non tutti percepiscono immediatamente, ma vanno presi in considerazione. Il mio amico Javier è uno dei 13 Javier che conosco a Pamplona, cittadina noiosissima 357 giorni all’anno, tranne quelli che vanno dal 7 luglio al 14 luglio, quelli della più celebrata festa di tori di Spagna e dintorni (la maggior parte della gente ignora che la Francia ha bellissime corride). Personaggio coltissimo e di letture raffinate Javier fu una volta praticamente obbligato dalla simpatica moglie Marie ad andare a Parigi . Javier, è un Pessoa della lettura. Fernando senza viaggiare scopre il mondo e scrive il «libro del Desassossego» seduto sempre nel bar «a Brasileira» (dove per non farselo mancare più, al tavolino esagonale dove lui scriveva hanno messo una sua statua). Javier, lettore accanito, scopre il mondo senza viaggiare leggendo in Plaza del Castillo nello stesso bar dove spesso abbiamo discettato con infiniti boccali di birra, di tori, corride, toreri e ... scrittori. Obbligato ad andare a Parigi da Marie, Javier vi si fermò solo un giorno e ritornò dicendo «non c’è nessuna differenza fra Parigi e Pamplona», perché perdere tempo a Parigi?
Parigi e Pamplona? Nessuna differenza. Barcellona e Bari? Vediamo.
Ora è indubbio che se giustamente valido il confronto fra Parigi e Bari dell’antico detto quello fra Barcellona e Bari è ancora più valido, perché la ridente cittadina catalana il mare ce l’ha. Ha le ramblas, (corso Càvour, ricordarsi l’accento sulla à), ha il Mercat de la Barcelonte, pesce fresco come n’derre a la lanza, ha anche il più grande scritore umoritico del secolo scorso Edoardo Mendoza, Bari ha il più grande scrittore di filosofia, Luciano Canfora.
Insomma girando per Barcellona sembra chiaro che è proprio una piccola Beri. Ma… siccome anche dai piccoli esempi occorre imparare, Barcellona ha qualcosa che mi sento di suggerire ai candidati sindaci: la proprietà del il FT (futbol) Club Barcelona.
Manco da Bari dal post laurea, ma ricordo benissimo la diffusa passione calcistica – che ho mantenuto – per la nostra squadra. Ed è evidente che la SS Bari non può essere una colonia di Napoli. Sia ben chiaro che le responsabilità non sono del figlio di Aurelio, che fa il suo mestiere di figlio del Presidente del Napoli, ma è indispensabile trovare una soluzione cittadina. Eccola.
Il Futbol Barcelona appartiene ai tifosi. Il capitale sociale di una delle più forti squadre al mondo, discriminata dal franchismo per favorire il Real Madrid, non appartiene agli Agnelli o ai Moratti Catalani, che pure lì abbondano, ma ai tifosi della squadra. Il Presidente del Barcellona è scelto dai tifosi, e viene eletto a seguito di una vera campagna elettorale.
A quei trentamila tifosi che erano presenti al San Nicola e a tantissimi assenti, fra cui tanti come il sottoscritto che vivono altrove, occorre che il Comune di Bari offra la possibilità di sottoscrivere quote di capitale sociale. Un comitato di Banche locali deve lanciare un programma di sottoscrizione guidato dal comune. E il Comune deve avere un ruolo speciale.
È evidente che il calcio a Bari è fenomeno che va molto al di là del puro fatto sportivo. È cultura, passione generalizzata dei baresi, è civiltà e anche economia. Il calcio è elemento di sintesi di varie classi sociali che coprono praticamente tutte le età. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che migliaia di spettatori seguano la squadra anche nelle serie inferiori. Quindi a mio parere il calcio richiede un trattamento speciale.