L’Italia è al quartultimo posto nella classifica dei Paesi Ue per bilanciamento vita lavoro con un indice pari a 55.71 (ricerca di Remote riportata dal Sole24Ore), un indice di felicità di 6.5 e un indice LGBTQ+ Inclusivity di 65, cioè l’Italia occupa il ventisettesimo posto su 30 nazioni europee.
E secondo l’Istat, nel report «Bes» pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, nell’ambito economico è soddisfatto appena il 2,6% dei residenti dei pugliesi: in Puglia c’è meno benessere rispetto alla media nazionale. Riportando numeri ancora inferiori riguardo all’istruzione e formazione, al lavoro e conciliazione dei tempi di vita, all’aspettativa di vita e salute. Gli indicatori più insoddisfacenti riguardano i giovani e il lavoro, la famiglia e le amicizie, mentre su scala nazionale i dati migliorano con una buona soddisfazione per il tempo libero e per le relazioni amicali soprattutto tra le persone di 60-64 anni.
Il tema dei giovani è stato di recente ripreso anche dal «Corriere del Mezzogiorno», affermando che secondo la ricerca «Next Generation Leadership», realizzata da Bain & Company Italia e Key2people, una leadership aziendale più giovane aiuterebbe il Pil dell’economia italiana a crescere tra l’1% e il 2%, ovvero circa 30-40 miliardi di euro. Complessa manovra per il nostro Paese che presenta persone al comando con un’età media di 60 anni, che sta ancora aumentando. I motivi per i quali investire su una leadership giovanile sono costituiti da maggiore creatività, flessibilità, attenzione al cliente e ambizione a orientare l’attività verso mercati internazionali.
Tuttavia, nelle esperienze di Mentoring e Reverse Mentoring (reciproco e inverso) tra lavoratori/trici di età differenti, è evidente quanto possa essere stereotipato pensare alle competenze trasversali e alle skills vincenti solo in termini di età. È piuttosto frequente, infatti, trovare motivazione e propensione al rischio tra le persone più mature e anziane in servizio, così come giovani rassegnati e prudenti, come, al contrario lavoratori giovani molto maturi e responsabili e anziani acerbi ed eterni Peter Pan, ancora alla ricerca della loro isola felice. È altresì necessario ripensare ai modelli di organizzazione, di creazione, gestione e alimentazione della cultura d’impresa, attraverso la formazione manageriale esperienziale e il coaching, per raccogliere i bisogni che provengono dalle sfide del futuro a cui i giovani guardano da più vicino essendo davanti sulla linea dell’orizzonte e saper tracciare con loro percorsi evolutivi che sappiano coniugare esperienza, tradizione e innovazione, anche del non detto e del non scritto.
Sarà probabilmente anche questa la sfida del benessere, della felicità e dell’inclusività: passare da una comunicazione e relazione efficaci, alla reciprocità delle relazioni fino alla condivisione profonda, che evochi sentimenti di comunità nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società, poiché è di questo che abbiamo nostalgia nell’era dell’intelligenza artificiale e della trasformazione digitale, in cui, il rischio è dimenticare il valore della persona e della relazione inscritta in essa e di cui essa necessita per alimentarsi, riprodursi e vivere.
In questo senso il lavoro rappresenta il luogo favorito non solo per tutelare la persona collegata al lavoro ma per promuoverla, attraverso lo sviluppo delle sue qualità, capacità e competenze che intrecciano anche la sua soddisfazione e la sua felicità complessiva, in quanto nessun ruolo da solo può esprimere i bisogni di sviluppo dell’identità, ma ciascuno ne esprime una parte in armonia con la complessità della dimensione sovraordinata dell’essere persona.