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La sublime ossessione, il ritorno in campo del centro che non c’è

 
Pino Pisicchio

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Pino Pisicchio

La sublime ossessione, il ritorno in campo del centro che non c’è

Il 4 aprile l’istituto di ricerche demoscopiche Quorum rendeva pubblico un sondaggio sul potenziale gradimento popolare di una ipotetica formazione politica cattolica, rilevando una cifra importante, pari addirittura alle performance democristiane del secolo scorso: il 37%

Domenica 07 Aprile 2024, 13:54

Il 4 aprile l’istituto di ricerche demoscopiche Quorum rendeva pubblico un sondaggio sul potenziale gradimento popolare di una ipotetica formazione politica cattolica, rilevando una cifra importante, pari addirittura alle performance democristiane del secolo scorso: il 37%.

Che cosa c’è dietro questa propensione aperta addirittura all’idea di un partito dichiaratamente ispirato dai principi del cattolicesimo in un tempo così turgidamente secolarizzato? C’è nostalgia per il tempo remoto che, a confronto con quello presente, può apparire come l’Eldorado perduto? C’è la nausea per una politica asfissiata dalle parole d’ordine in conflitto, da un lato un vuoto alimentato dal politically correct e dall’antagonismo di sinistra, e dall’altro la narrazione permalosa di una destra minoritaria che da polo escluso diventa governo e si trascina dietro macigni pesanti di passato che non passa? C’è bisogno di un centro che spezzi l’ostinato conflitto tra estremi, certo, e di questo gli irriducibili, che ancora non rinunciano a votare, hanno evidentemente qualche consapevolezza. Si, ma quale centro?

Ogni discorso sul centro sbatte il naso contro il feticcio della Dc. Ora, a parte che dovrebbe essere chiaro a tutti che, se in trent’anni e più dalla sua scomparsa non c’è stato nulla che ne abbia ricordato resurrezioni, qualche ragione sostanziale ci sarà pure, bisognerà ricordare qualcosa di importante.

La Dc rappresentò una felice anomalia insediata al centro del sistema politico svolgendo un ruolo egemone che ininterrottamente l’ha consacrata col voto popolare come il maggiore partito di governo dal 1946 al 1992. In questa anomalia trovavano posto «anime» diverse- dalle liberali, di vocazione degasperiana, alle cristiano-sociali di indole sindacalistica, alla sinistra politica di Dossetti, alle mirabili sintesi di Aldo Moro- rappresentative di segmenti ben definiti nel corpo sociale del paese. L’anomalia centrista della DC si estinse per molte ragioni (la caduta del Muro, una validissima, insieme alla perdita di peso del ceto medio) certo, ma la più efficace fu la scientifica distruzione del sistema elettorale proporzionale con voto di preferenza in favore del maggioritario (1993) che pretese di ridurre lo schema della politica italiana a due soggetti (destra/sinistra) rimuovendo l’area di centro. A fronte di queste evidenze - e per il rispetto che dobbiamo alla grande storia di un grande partito democratico e popolare- lasciamo stare, please, la Dc e torniamo a fare la domanda: ha senso oggi interrogarsi sull’area di centro in Italia?

Una «terra di mezzo», capace di dire qualcosa di senso ci sarebbe pure, stando almeno ai sondaggi che circolano in vista delle europee di giugno, che teoricamente evidenzierebbero addirittura una costellazione post-democristiana acquattata di qua e di là nell’assetto bipolare-spaghetti che appartiene alla nostra recente tradizione. Sul quadrante destro, infatti, troviamo Forza Italia con rigogliosa primavera in atto, attestata secondo Tecné del 3 aprile al 9,4%, e poi la minuscola formazione di Noi Moderati, un soffio sull’1%: totale 10,6%.

In altra zona le tre formazioni italiane che fanno capo al medesimo partito europeo d’area liberal-macroniana (Renew-Europe), Italia Viva (3,2% secondo Tecné ), Azione (3,6%), +Europa (3%), che, se fossero insieme, sarebbero in grado di agguantare un risultato equivalente a quello dei «centristi separati» del versante destro (sarebbe un 9,8%, per la precisione), ma insieme non sono per ragioni che solo l’ausilio di scienze diverse dalla politologia - forse la psicanalisi? - potrebbero aiutare a capire.

A voler fare fantascienza giocando con i numeri si potrebbe perfino azzardare a immaginare un potenziale del sentiment «centrista» circolante nel Paese tra un polo e l’altro superiore al 20%: praticamente il secondo partito italiano, seguendo gli ultimi sondaggi, dietro Fratelli d’Italia e prima del Pd. Praticamente il centro del sistema politico italiano, in grado di farsi soggetto attrattivo e non «attratto» da più robuste entità politiche.

Ma sarebbe solo un gioco, appunto. L’aria che tira è un altra : nessuno fuori dalla «confort zone» in cui si coltiva il personale piccolo futuro. Peccato.

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