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Tutelare la democrazia? Serve stare attenti alle disuguaglianze

 
Enzo Augusto

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Enzo Augusto

Tutelare la democrazia? Serve stare attenti alle disuguaglianze

È davvero uno scontro di civiltà quello in corso in Ucraina? Un attacco da parte della Russia ai valori di democrazia e civile convivenza dei paesi occidentali, riuniti nella NATO sotto l’ala protettiva degli Stati Uniti?

Lunedì 22 Maggio 2023, 13:25

Recentemente Luciano Violante è stato a Bari a presentare il suo ultimo libro La democrazia non è gratis. Con Luciano Violante, che conosco praticamente da sempre, ho un legame particolare. Negli anni ‘70/’80 (quelli del terrorismo, per intenderci) era responsabile della mitica Commissione Giustizia del PCI e io lo ero di quella regionale della Puglia. Ho quindi lavorato con lui in quei lunghi e difficili anni, imparando molto.

Poi riunioni a Bari, convegni e congressi e al termine dei lavori, lo accompagnavo a Rutigliano a trovare le zie. Di un convegno tenuto a Bari nel 1984 sullo stato della giustizia in Puglia, in collaborazione con il Centro di Riforma dello Stato di Pietro Ingrao, gli ho dato una foto del tavolo della presidenza. C’è Luciano, c’è Pietro Ingrao, c’è Peppino Cotturri e ci sono io. Peppino Cotturri ha messo questa foto in un volumetto sull’archivio di Pietro Ingrao che, in altre foto, viene effigiato con grandi leader della sinistra. Ho detto a Peppino che, con quella foto, in quel libro, sono entrato nella storia del Movimento Operaio.

L’appuntamento con Violante a Bari è stato irrinunciabile. La sua è stata una lezione sulla democrazia, sui rischi che corre e sui costi da sostenere per difenderla. Non esportarla, ovviamente. Chi siamo noi direbbe Papa Francesco (sei il Papa, Francesco. Chi se non Tu?), per imporre un regime a popoli di millenaria civiltà come India e Cina?

E come ogni lezione, profonda e meditata, suscita riflessioni e pone interrogativi. È davvero uno scontro di civiltà quello in corso in Ucraina? Un attacco da parte della Russia ai valori di democrazia e civile convivenza dei paesi occidentali, riuniti nella NATO sotto l’ala protettiva degli Stati Uniti?

Certo, c’è anche questo, come elemento collaterale, ma è soprattutto, secondo me, con un’ottica da marxista (che però non ha letto Marx) una contesa per ridisegnare un nuovo ordine mondiale. Dalla caduta dell’URSS sono in corso manovre di posizionamento di cui l’invasione dell’Ucraina (da condannare, certamente, ad evitare equivoci) è, allo stato, l’ultimo episodio.

Credo che per far cessare la guerra, ed evitarne di nuove, si dovrà arrivare ad una nuova Yalta, in cui al posto di Roosvelt ci sia Biden, al posto di Stalin un indegno Putin, e al posto di Churchill non certo il mite Re Carlo III, ma Xi Jinping. Un nuovo ordine mondiale e nuovi equilibri di potere per una nuova era di pace.

Per questo percorso conviene impegnarsi, più che sulla corsa agli armamenti, che peraltro sottrae risorse a ben più nobili finalità di lotta alla povertà e alle disuguaglianze.

Un altro tema di grande importanza che il volumetto di Luciano Violante pone è quello del processo (tentativo? illusione?) di occidentalizzazione del mondo che l’Autore data già dal dopoguerra, all’epoca della guerra fredda, e che sarebbe poi esploso con la caduta del muro di Berlino e il crollo del regime sovietico. In quel periodo ci fu il più grande aumento di Paesi con regimi democratici (da 44 nel 1977 a 76 nel 1992).

Il processo si è fermato? C’è, anzi, una inversione di tendenza?

Certo la pretesa di esportare la democrazia con le armi, e i rovesci che ne son o seguiti (Iraq, Afghanistan) hanno avuto il loro peso e il loro costo. Così come l’illusione che il mercato sia il presupposto per lo sviluppo della democrazia e che risolva ogni problema. Oggi il mercato mostra tutti i suoi limiti, avendo prodotto disuguaglianze inaccettabili, e che non sono, e ancor più non saranno, accettate, provocando conflitti di portata mondiale di cui sono inimmaginabili gli sviluppi. I sempre più poveri (anche come popoli e nazioni) aumentano. I sempre più ricchi (anche come popoli e nazioni) si restringono.

Il conflitto prodotto dall’eterna lotta di classe è, e sarà, inevitabile. E anche la forma democratica ha perso molta della sua forza se a esprimere il voto resta una minoranza. Si può parlare di regimi democratici se a decidere, esprimendo il voto, è una minoranza, e ai processi decisionali resta estranea la maggioranza, quella che è composta dai poveri, dagli sfruttati, dai senza risorse e, purtroppo, elemento gravissimo, dai giovani, da quelli che ne avrebbero più bisogno. Si può parlare di democrazia? È un rifiuto di «questa» forma democratica? Del sistema? Un gran problema quando ci riempiamo la bocca di democrazia.

E il problema non è trovare il modo di spingere al voto (nobili appelli?) ma chiedersi se non è questa degenerazione della democrazia, gestita da poteri forti e sovranazionali che espropriano i parlamenti dei poteri decisionali, a demotivare dal voto e a restringere gli spazi di partecipazione. Senonché, va anche sottolineato, quasi esclusivamente in queste forme di democrazie, seppure malate, fioriscono arti ed elementi di innovazione, che/perché nascono quasi sempre dal dissenso. Un problema è quindi come tutelare, comunque, il dissenso, il sale della vera democrazia.

A tutto questo porta a riflettere Luciano Violante che è poi bravissimo nel richiamo ai doveri.

È un’epoca in cui prevale una certa protervia dei diritti. Ma non tutti i desideri sono diritti. E a ogni diritto deve corrispondere un dovere (Il dovere di avere doveri è il titolo di un suo volume del 2014), altrimenti come affermò Aldo Moro, che Luciano Violante annovera nel suo Pantheon, «la stagione dei diritti si rivelerà effimera».

Un monito forte, che ci interroga tutti.

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