Sabato 06 Settembre 2025 | 11:35

La lodevole incoerenza di far pagare gli ultimi senza risolvere il precariato

 
Nicola Costantino

Reporter:

Nicola Costantino

La lodevole incoerenza di far pagare gli ultimi senza risolvere il precariato

Il governo ha aumentato il taglio del cuneo fiscale a favore dei redditi da lavoro più bassi. Certo, al momento è solo per sei mesi, a partire da luglio (e non da maggio, come preannunciato), ma non rinnovarlo per il prossimo anno sarebbe quasi un suicidio politico

Mercoledì 03 Maggio 2023, 14:00

Il governo ha aumentato il taglio del cuneo fiscale a favore dei redditi da lavoro più bassi. Certo, al momento è solo per sei mesi, a partire da luglio (e non da maggio, come preannunciato), ma non rinnovarlo per il prossimo anno sarebbe quasi un suicidio politico. Ciò che rileva, però, è la totale incoerenza (peraltro di per sé assolutamente lodevole, a nostro parere) con quanto ripetutamente preannunciato a proposito della futura riforma delle imposte.

I tagli del cuneo fiscale per i redditi fino a 25.000 e 35.000 euro costituiscono infatti un sensibile aumento della progressività dell’imposizione, in totale controtendenza, pertanto, rispetto allo sciagurato obiettivo della flat tax per tutti (e non solo per i privilegiati titolari di partita IVA con redditi medio-alti) che diventa così (fortunatamente) ancora più irrealistico. È un clamoroso dietrofront, oppure una ulteriore conferma dell’assenza di una chiara strategia di politica economica?

In realtà, il filo conduttore delle scelte finora osservate sembra sostanzialmente confermato, sia pure con mille ondeggiamenti, dovuti alla necessità di inseguire un elettorato estremamente composito, al quale è stato promesso troppo: i tagli al welfare (in primis alla sanità pubblica, al netto dell’inflazione) ed al reddito di cittadinanza finanziano questo (peraltro modesto) beneficio fiscale a favore dei «penultimi» facendolo pagare agli «ultimi»: a chi il reddito da lavoro non ce l’ha, o lo percepisce in misura assolutamente occasionale e insufficiente, e dipende pertanto in maniera sostanziale dall’assistenza pubblica.

Secondo l’Osservatorio sul precariato INPS, solo il 17% delle assunzioni registrate nel 2022 sono state a tempo indeterminato; il restante 83% è costituito dalle molte, fantasiose, forme di precariato (ulteriormente favorite dal nuovo decreto): assunzioni a termine, in somministrazione, stagionali, con contratto intermittente, in apprendistato. Tutti lavoratori che «costano poco» ai rispettivi datori di lavoro, e per i quali il saldo tra taglio del cuneo e minore assistenza sarà quasi sempre negativo. L’aumento all’utilizzo dei voucher e dei fringe benefit esentasse (che soppianteranno in molti casi le gratifiche e la contrattazione aziendale) va nella stessa direzione: favorire le imprese, a scapito dei lavoratori.

Lo scontro con i sindacati, continuamente cercato ed alimentato con provocazioni ad effetto («il Primo Maggio noi lavoriamo, mentre altri cantano e ballano!») appare così come un reiterato tentativo di delegittimare la loro funzione di corpo intermedio; il singolo lavoratore è ancora più debole e solo di fronte ad un mercato del lavoro che lo precarizza sempre più, marginalizzandolo rispetto alla vita sociale ed alla rappresentanza collettiva.

Se è questo il contesto che si vuole continuare ad offrire ai nostri giovani, non aspettiamoci che la retorica sul favorire la natalità (per contrastare la «sostituzione etnica» dei migranti) abbia successo: seguiamo piuttosto l’esempio della Spagna che, combattendo il precariato a favore del lavoro a tempo indeterminato, ha conseguito innegabili successi sociali, oltre che economici. Il confronto con il resto d’Europa ci conferma che è possibile essere competitivi anche retribuendo meglio (in primis col salario minimo) i lavoratori, e rispettando di più i loro inalienabili diritti, a partire dai tanti, troppi, più svantaggiati e marginalizzati.

Sappiamo dove cercare le risorse: aumentando la progressività dell’imposizione fiscale, anche attraverso la tassazione dei patrimoni, combattendo seriamente l’evasione e l’elusione, ed anche (lasciateci sognare!) tagliando le spese militari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)