Il Pd vive in un tempo sospeso. Dichiarazioni di circostanza, nessuno si espone. Tutti cercano ancora di capire cosa è successo. Siamo ancora in fase di metabolizzazione. Per dire, chat e notifiche facebook si sono rarefatte. La verità è che la vittoria di Elly Schlein è/può essere, una rivoluzione di cui ancora non ci rendiamo conto. È certamente la vittoria di elettori e simpatizzanti contro la nomenclatura. E non è cosa da niente. È una rivolta contro l’establishment che pure aveva vinto le primarie all’interno del partito. Ed è un colpo duro («severo» l’avrebbe definito Alessandro Natta).
È «il papa straniero» che si affaccia a piazza San Pietro e dice «da oggi cambia tutto, porco Dio». Boccia, Franceschini, Orlando etc - che pure hanno appoggiato Schlein - farebbero bene a non sentirsi pienamente vincitori, tranne che non vogliano passare per «mosche cocchiere». Hanno perso anche loro, come tutti quelli che hanno diretto (non meritoriamente) il partito negli ultimi anni.
Ora è tempo di ricostruire e rilanciare. Bisogna fare largo ai giovani e alle novità della politica. Devono restare le radici, certo, ma le radici devono germogliare. Bisogna dare risposta alla domanda di cambiamento (che è un valore in sé) che viene dall’esito del ballottaggio. Escono irrimediabilmente sconfitti capibastone e signori delle tessere.
Elly Schlein deve andare avanti sulla rotta che ha tracciato nel primo discorso dopo la vittoria. Lotta alle disuguaglianze, soprattutto sociali. Battaglia per i diritti dei lavoratori, soprattutto giovani, per un lavoro non precario e non sottopagato. Salario minimo e tutele. Cose di sinistra.
C’è un «si dice» secondo cui Giuseppe Conte avrebbe agevolato la vittoria della Schlein. Mi sembra un’assurdità. Se c’è qualcuno che ha da perdere da una virata a sinistra del PD, questo è Conte. Primo compito del PD sarà andarsi a riprendere voti e consensi regalati ai 5 Stelle. E a recuperare anche quelli andati a Renzi e Calenda, se ci sarà un partito attrattivo.
P.S.: Anche io ho votato Schlein, come avevo dichiarato dopo le primarie in cui ho votato Cuperlo. L’ho fatto con grande perplessità per i rischi che comporta. L’ho fatto per evitare l’elemento di continuismo che rappresentava Bonaccini. Una cesura è necessaria. L’ho fatto per un richiamo della foresta verso una figura più di sinistra. L’ho fatto per la mia vocazione a salire sul carro dei perdenti, e mi sono trovato, quasi a sorpresa, su quello della vincitrice (da cui mi affretto a scendere per non appesantirlo. Di tutto ha bisogno la Schlein tranne che di cariatidi plaudenti). L’ho fatto con grandi riserve per via della «comitiva» che la sponsorizzava.
Con questo voto, che è il voto della gente di sinistra anche al di fuori del partito, può liberarsi dalle pastoie. Certo non mi nascondevo, e non mi nascondo, i pericoli a cui si va incontro. Un partito meno strutturato (e invece di partiti strutturati c’è bisogno) e più movimentista (con il rischio di grandi avanzate a grandi ritirate, anche per la volatilità dell’elettorato). Non sarà facile. Non saranno rose e fiori. Ci saranno pericoli, errori, difficoltà. Ma è tempo di rischiare, non di vivacchiare (non ce lo possiamo più permettere), per evitare una lenta agonia che porti all’irrilevanza, tipo partito socialista francese. Bisognerà però essere anche pazienti e disponibili a «dare una mano» senza sparare subito sul quartier generale al primo inconveniente. A Elly Schlein si chiede una scossa con equilibrio quasi un ossimoro. E soprattutto unità. Prima rafforzare il partito riprendendoci voti e consensi anche dall’area dell’astensionismo. Poi pensare alle alleanze, le più ampie, indispensabili per vincere. È stato un botto. Ma dal guasto, si dice da noi, può venire l’aggiusto.
Post P.S.: Questo risultato può essere anche utile a Domenico De Santis, neo-segretario regionale pugliese del Pd dallo sorso 13 febbraio, per il quale mi sento di condividere l’apertura di credito. Anche qui prevale l’elemento di ricambio generazionale cui De Santis aggiunge l’esperienza e una passione, vera, per la politica. L’auspicio è che sappia rendersi autonomo. Si convinca di essere il segretario di suo e non per interposta persona. Che non si faccia irretire nella «ponge et la monge» (alla francese) della politica pugliese. La «ponge e la monge» da cui deve uscire al più presto anche il nostro amato sindaco Decaro.
















