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Lo stordimento dei mondiali per riabilitare uno stato Senza diritti e senza dissenso

 
Michele Partipilo

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Michele Partipilo

Lo stordimento dei mondiali per riabilitare uno stato Senza diritti e senza dissenso

A maggior ragione allora la domanda: ma perché proprio in Qatar? L’Emirato della penisola arabica deve risolvere molte relazioni internazionali per via della sua altalenante politica estera

Sabato 19 Novembre 2022, 14:18

Domani prenderanno il via i Mondiali di calcio più bizzarri della storia. Perché per la prima volta negli annali del pallone si disputeranno in autunno, cioè mentre sono in pieno svolgimento i campionati nazionali. La ragione è semplice: nel Qatar, la nazione prescelta a ospitare l’evento, il clima permette di giocare all’aperto solo in questo periodo. In altre stagioni la temperatura è infernale, attorno ai 45 gradi, ma soprattutto con una percentuale di umidità che impedisce di respirare. Niente da fare: o si gioca adesso o niente. Se nel mondo sportivo vi fosse un po’ di serietà si sarebbe scelta la seconda ipotesi.

Ma si sono messi di mezzo la politica e, soprattutto, il denaro. E allora via ai Mondiali, che dureranno fino al 18 dicembre, guarda caso giorno in cui cade la festa nazionale del Qatar. La coincidenza non è casuale e chiarisce come l’evento voglia essere innanzitutto strumento politico e non celebrazione del dio Pallone. Sotto quest’ultimo aspetto sarà infatti un suicidio. Una pausa forzata di un mese in questo periodo significa ammazzare i campionati nazionali. Anche nei Paesi che non vi partecipano, la Serie maggiore si fermerà, come in Italia, dove si tornerà in campo il 4 gennaio. In questo c’entra la globalizzazione del calcio, con squadre formate da atleti provenienti dai più vari Paesi le cui Nazionali ora li reclamano.

A gennaio quindi comincerà un altro campionato e molti dei valori o dei flop che abbiamo visto in campo fino a oggi si alterneranno, scompariranno, si moltiplicheranno. Insomma un’altra roba. Per averne conferma basti guardare ai campionati degli scorsi anni, quando la pur breve pausa natalizia – otto-dieci giorni al massimo – determinava un cambio rilevantissimo nelle prestazioni di molti calciatori. Immaginarsi ora, con un mese di sosta. Si dirà: ma le squadre continueranno ad allenarsi, giocheranno partite amichevoli. Certo, ci mancherebbe, manterranno in parte la condizione fisica. Ma non ci sarà né potrà esserci la componente psicologica della gara, quello spirito di competizione che scatena tutte le energie che hai in corpo e che alla fine si rivela determinante.

A maggior ragione allora la domanda: ma perché proprio in Qatar? L’Emirato della penisola arabica deve risolvere molte relazioni internazionali per via della sua altalenante politica estera, operazione non facile in un’area particolare come quella del Golfo Persico. Ha soprattutto bisogno di accreditarsi come Stato – così è la denominazione ufficiale – e come Stato moderno, addirittura democratico (formalmente è una monarchia costituzionale). La qual cosa è tutta da dimostrare, visto che c’è una famiglia regnante al cui interno vi sono violenti dissidi che hanno portato alla deposizione del padre da parte del figlio, oltre che a una gestione assolutamente privatistica del potere. I Mondiali servono a costruire una credibilità internazionale che, partendo dai Paesi occidentali, possa poi riverberarsi sui rapporti con le nazioni limitrofe. Non a caso sono stati ingaggiati fior di strapagati influencer perché diffondano un’immagine fortemente positiva di questo piccolo Paese, poco conosciuto in Italia e in Occidente.

Non sappiamo se la mossa sarà sufficiente, visto che insieme con influencer e calciatori arriveranno anche migliaia di giornalisti, che sì si occuperanno delle partite, ma che andranno anche in giro a curiosare. È diventato virale il video di una troupe televisiva tedesca che l’altro giorno è stata bloccata mentre effettuava riprese per strada a Doha, la capitale. Il problema dei diritti sarà un leit motiv dei prossimi giorni molto più dei risultati in campo. Basti pensare alle polemiche già esplose sull’omosessualità, con l’ambasciatore Khalid Salman che, in un’intervista alla rete televisiva tedesca Zdf, l’ha definita «un danno psichico», cioè i gay a quelle latitudini sono considerati come disabili mentali.

Ma ci sono anche i diritti dei lavoratori che, in condizioni terribili, hanno dovuto lavorare per costruire alberghi e impianti sportivi. I decessi sarebbero stati migliaia (6.500, secondo alcune fonti, tutti migranti). In pochi anni sono stati realizzati sette degli otto stadi che ospiteranno le pedate dei signori del pallone. Addirittura con mega impianti di aria condizionata all’aperto che – secondo i progettisti – non dovrebbero avere alcun impatto ambientale negativo.

Per ottenere i Mondiali e poi per ospitarli il Qatar ha speso una barca di soldi, con il sospetto di aver corrotto mezza Fifa. L’Emirato il denaro ce l’ha a fiumi: galleggia sul petrolio. Tanto che quando hanno provato a scavare pozzi per cercare acqua, è venuto fuori un liquame ricco di minerali. La mancanza d’acqua è il vero problema del Paese, che la ricava solo dai dissalatori lungo la costa. Ma non basta né per l’agricoltura né per l’allevamento, che infatti non esistono e per i cui prodotti i qatarioti dipendono in toto dalle importazioni. L’oro nero ne fa uno dei Paesi più ricchi al mondo e il pil pro-capite degli abitanti è superiore ai 120mila dollari, il che li colloca al secondo posto della graduatoria mondiale, secondi solo ai lussemburghesi.

Con una tale disponibilità economica e finanziaria è naturale che non esistano né il dissenso né sia avvertito il problema dei diritti: il denaro è un’ottima arma per tenere tutto sotto controllo. E adesso ci sarà anche lo stordimento da Mondiali.

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