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La Ue non è un salvadanaio per accedere ai fondi: i vincoli vanno rispettati

 
Ennio Triggiani

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Ennio Triggiani

La Ue non è un salvadanaio per accedere ai fondi: i vincoli vanno rispettati

La discussione infinita sulla necessita dell'Unione Europea

Sarebbe incredibile che si voglia contribuire a distruggere la comunità europea avendo lo sguardo rivolto a un passato sovranista che ha portato alle guerre mondiali

Domenica 25 Settembre 2022, 14:49

Pensiamo per un attimo che la Lombardia (o la Puglia) decida che le proprie leggi, in caso di contrasto, prevalgano su quelle italiane sulla base della sua autonomia regionale. Ma, anche se qualcuno (al Nord) ne sarebbe contento, lo impedirebbe l’insuperabile ostacolo dato, per fortuna, dalla Costituzione. In maniera analoga, ovviamente fatti i debiti distinguo considerato che l’Unione europea non è (ancora) uno Stato, si deve ragionare quando qualcuno (il leader ungherese Orban) ed i suoi seguaci anche italiani affermano che, in virtù della sovranità nazionale, il diritto nazionale deve prevalere su quello «comunitario» ove si determinasse fra i due un conflitto. Ma c’è un ostacolo «costituzionale» anche a livello europeo ad impedirlo? Certamente, anche se non formalmente tale, ed è espressione della sovranità condivisa caratteristica dell’UE.
Essa si fonda, anzitutto, sul Trattato istitutivo che, firmato e ratificato da ciascuno degli Stati membri, è parte integrante dell’ordinamento interno; per di più, al di là del vincolo internazionale assunto, il riconoscimento formale del primato del diritto «comunitario» avviene attraverso, come in Italia, un’apposita norma della nostra Costituzione (art. 117). E nel Trattato si normano i poteri della giurisprudenza europea (Corte di giustizia, Tribunale), a sua volta intimamente costituzionale, chiamata a garantire il rispetto del diritto dell’Unione con la forza di sentenze alle quali deve piegarsi la giurisprudenza interna.

Inoltre, l’intero sistema ha visto rafforzare le proprie basi grazie all’approvazione della Carta dei diritti fondamentali (Nizza, 2001) che ha indicato in maniera più precisa e analitica valori e principi dell’ordinamento “comunitario” già indicati dall’art. 2 del Trattato di Lisbona. La coerenza con essi è un obbligo inderogabile in quanto costituisce la carta d’identità dell’Unione e, per tale ragione, ove violata è sottoposta a sanzione. Questa colpisce non un risultato elettorale ma i successivi comportamenti di governi quando in palese contrasto con le regole europee fondamentali (quali libertà di stampa, trattamento delle minoranze, giustizia), come avvenuto in Ungheria. Nell’Unione la qualità della democrazia deve essere una costante del comportamento di una maggioranza di governo e non può essere circoscritta al momento elettorale. Di qui la prevista sospensione dei suoi diritti (fino a quella del voto nel Consiglio) a partire dalla erogazione dei finanziamenti. D’altronde, se si ritiene l’UE un semplice salvadanaio, dimenticandosi dei vincoli ai quali si è sottoposti, è giusto che ad esso non si possa più accedere.

La strategicità dell’appartenenza all’Europa risiede anche nella volontà di consolidare la democrazia dei suoi Membri a reciproca garanzia di un percorso comune caratterizzato dall’appartenenza allo Stato di diritto. Intendere l’Europa come un utile supermercato è fuorviante e sbagliato facendo perdere di vista il disegno profetico di chi, fondandola, aveva per tempo visto come necessaria la progressiva costruzione di legami solidali e irreversibili fra gli Stati membri. Le piccole sovranità dei singoli sono sempre più irrilevanti nella società contemporanea nella quale solo le grandi sovranità possono giocare un ruolo da protagonisti. I soli interessi economici costituiscono un legame precario e troppo condizionato dalla vicende del momento mentre solo il collante di valori e ideali comuni consente di realizzare una società politica solida in grado di affrontare le enormi sfide globali che presente e futuro ci presentano (ambiente, economia, terrorismo, migrazioni, risorse energetiche e idriche).
Il tentativo di alcune forze politiche di destra di cancellare il principio del primato del diritto europeo su quello nazionale avrebbe quale inevitabile conseguenza il crollo dell’intero sistema. Ed allora, chi non ha compreso la realtà dell’Unione e l’impossibilità di parteciparvi attraverso mille riserve e contraddizioni farebbe bene a sapere che l’alternativa è solo quella, masochista, di non farvi più parte operando un rischiosissimo salto nel buio. Ecco perché i tifosi di regimi come quello di Orban non solo vivono fuori dal futuro ma si collocano in uno scenario nel quale piccole sovranità sono destinate inevitabilmente a scontrarsi tra loro.

L’Italia è stato uno dei sei Paesi fondatori dell’integrazione europea avendone colto per tempo l’imprescindibile importanza strategica ed ha il compito di continuare a sostenerla. Alla reciproca solidarietà che caratterizza l’UE dobbiamo il salvataggio dell’Italia dalla gravissime conseguenze prodotte dal Covid sulla nostra economia (prestiti per 191 miliardi a tasso quasi zero dei quali circa 69 a fondo perduto). Sarebbe incredibile che si voglia contribuire a distruggerla avendo lo sguardo rivolto ad un passato (e ad altri Stati membri screditati) che, con i suoi sovranismi, ha portato a due tragici conflitti mondiali.

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