Lunedì 08 Settembre 2025 | 18:48

La guerra dell’energia: giusto staccarsi dai russi ma i costi saranno alti

 
Guido Gentili

Reporter:

Guido Gentili

La guerra dell’energia: giusto staccarsi dai russi ma i costi saranno alti

Bisogna tener conto che la Russia incassa ogni giorno circa 1 miliardo di euro grazie all’esportazione del suo gas, petrolio e carbone. Entrate con cui finanzia il suo bilancio statale e la guerra contro l’Ucraina

Sabato 09 Aprile 2022, 13:44

Fin dove può spingersi l’Italia nel sostegno al blocco delle importazioni delle materie prime energetiche dalla Russia, gas in prima fila? Siamo pronti per questa scelta? E siamo consapevoli che, in un anno pre-elettorale come il 2022, dobbiamo affrontare l’impennata dell’inflazione e insieme la riduzione della crescita prevista, proprio a causa della guerra in Ucraina? Risposte facili non ci sono. Ma non per questo le domande difficili possono essere eluse in un passaggio tra i più complicati della nostra storia recente.

Assieme agli aiuti, anche militari, le sanzioni economiche e finanziarie decise dall’Occidente contro la Russia che ha invaso l’Ucraina, sono la strada maestra per costringere Putin ad arretrare. Fin qui, quelle messe in campo hanno funzionato e Mosca ha iniziato a soffrirle. Ma bisogna tener conto che la Russia incassa ogni giorno circa 1 miliardo di euro grazie all’esportazione del suo gas, petrolio e carbone. Entrate con cui finanzia il suo bilancio statale e la guerra contro l’Ucraina.

Per troncare di netto questo cordone ombelicale, la strada sulla quale si è incamminata l’Europa (gli Usa sono il più grande paese produttore di petrolio al mondo e non ha questo problema) è quella di frenare e bloccare le importazioni energetiche dalla Russia. Il che significa una svolta epocale per tutti i Paesi membri ma in particolare per la Germania e l’Italia, le due maggiori potenze manifatturiere d’Europa che hanno proprio nel gas russo la prima leva per far girare le loro imprese. L’Italia è il paese sotto questo profilo più dipendente - ne importiamo 29 miliardi di metri cubi l’anno, il 40% dei consumi energetici - dal gas proveniente dalla Russia e dunque il più esposto a un inasprimento delle sanzioni su questo campo.

Ma che la direzione sia questa lo dimostra il fatto che la Ue ha appena varato il quinto pacchetto delle sanzioni - con il blocco (da agosto) del carbone - e che nei prossimi giorni si parlerà del petrolio. Sullo sfondo, la «scoperta» dei crimini di guerra consumati in Ucraina che hanno impressionato il mondo intero e spinto l’Europa a varare nuove e più pesanti misure contro Mosca.

E molto significativo, politicamente, è stato il voto a larghissima maggioranza con il quale il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione per colpire di più l’import di energia da Mosca e un emendamento in cui si chiede l’immediato e totale stop al gas russo. Tutti i gruppi politici italiani l’hanno sottoscritto, ad eccezione dell’eurodeputato ed ex ministro dello Sviluppo economico e leader di Azione Carlo Calenda. Il quale ritiene «irrealizzabile» il blocco subitaneo del gas e ha presentato un piano articolato (cosa che non hanno fatto gli altri partiti italiani) per sganciarsi dalla dipendenza russa.

In effetti, e il capo del governo Mario Draghi è il primo ad averlo ben chiaro, l’abbandono fulmineo del gas russo potrebbe comportare gravi contraccolpi, fino al fermo-industrie nei prossimi mesi. Come si recuperano subito i 29 miliardi di metri cubi di Mosca sul totale di 73 che l’Italia importa ogni anno? Ci vuole tempo. Proprio a questo giornale, nei giorni scorsi Davide Tabarelli, uno dei massimi esperti su questi temi, ha spiegato «che occorrono anni per portare a termine i progetti di diversificazione e anche se fossimo a pieno regime su rinnovabili, riutilizzo del carbone, ricorso all’olio combustibile non riusciremmo a coprire più di 19 miliardi di metri cubi dei 29 in arrivo dalla Russia. Ancora, se tutto il carico di gas naturale liquefatto promesso dagli Usa all’Europa (15 miliardi) fosse destinato all’Italia copriremmo solo la metà della quota russa».

Questa è la realtà. Con tutto ciò che consegue in termini di consapevolezza dei problemi che abbiamo alle spalle (dopo lo shock petrolifero del 1974 ci siamo ritrovati al laccio del gas russo, mezzo secolo di scelte sbagliate condite da troppi «no» sui nuovi impianti necessari) e di fronte. Compresa la possibilità di andare incontro a strette e razionamenti. Abbattere la subalternità energetica dalla Russia è un valore non negoziabile ma ha un costo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)