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Se l’ora più buia ci dà la sveglia verso la libertà

 
Lino Patruno

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Lino Patruno

Se l’ora più buia ci dà la sveglia verso la libertà

L'accoglienza dei profughi come la presa di coscienza della differenza tra Ovest e Est

Venerdì 18 Marzo 2022, 16:53

Figuriamoci che siamo stati capaci di vergognarci anche di Cristoforo Colombo. L’uomo che non ha soltanto scoperto l’America, ma avviato il mondo nell’Età Moderna. Razzista come tanti, giù le statue in un processo senza prescrizione e con la retroattività delle leggi. Massacratore di nativi. Anche (anche) per questo Putin ha invaso l’Ucraina con una guerra brutale che ci riporta al Medioevo. Nessuno nell’Occidente molle e depravato avrebbe reagito al «grande padre» che tanti aveva affascinato. Nessuno avrebbe osato discutere il personaggio fino ad allora considerato una sorta di autorità morale dal quale attingere una spiritualità perduta. E non solo Salvini, sia chiaro, anche se Salvini riesce a essere sempre di più. Il sindaco ucraino che gli ha sbattuto in faccia la maglietta col volto di Putin, voleva sbatterla in faccia a tanta altra gente.

A tutti quelli del mondo libero ma non libero dai sensi di colpa. A tutti quelli del mondo libero ma non libero dalla continua mortificazione di essere come è. A tutti quelli del mondo libero ma non libero dall’accusa di aver sottomesso ogni tipo di minoranze. A tutti quelli del mondo libero ma non libero dalla criminalizzazione della propria storia. A tutti quelli del mondo libero ma non libero dall’impulso di chiedere sempre perdono per ogni nefandezza passata o presente. Compresa quella di aver sottomesso Cenerentola a un principe azzurro. Questo è il mondo che era stato conquistato da Putin uomo forte e giusto, anche se arrivare alla maglietta non poteva essere che un Salvini, maglietta o felpa che sia. La democrazia calata dall’alto di Putin è a lungo sembrata la soluzione per le debolezze delle democrazie rappresentative occidentali. Quanto è bella e come funziona la democrazia illiberale che incarcera (o ammazza) i suoi molesti oppositori. Fino al cinese Xi, che non si faceva passare neanche per il dittatore a vita che è. Comunista? Ma no, confuciano. Una smobilitazione ideologica, tutto il male del mondo è nostro. L’unico imperialismo è il nostro. L’unica alleanza militare aggressiva è la nostra Nato. Una sindrome autodistruttiva che ha avuto l’epicentro in America, dove un Trump è arrivato a definire un genio Putin (dal quale aveva avuto sottobanco l’aiuto informatico per essere eletto). America impero del male, magari con tutti i suoi soci europei. Meno male che la Russia c’è.

E se ci voleva a Putin una sponda etica, ecco il patriarca ortodosso Kirill, più appiattito di una mignatta sul suo capo. Capace di definire l’Occidente come un immenso Gay Pride. E col suo capo dire che quella inferta all’Ucraina non è una guerra, vade retro, ma un’operazione speciale per salvarla, l’Ucraina. Kirill dall’ipocrisia di invocare una pace giusta nel colloquio a distanza di ieri l’altro con papa Francesco. Una pace per una guerra che non è guerra, magari un soccorso umanitario. Ma questa ostinata Ucraina era una che non ci voleva stare. Come, una democrazia felice ai confini del gigante, neanche una Polonia col mezzo dittatore Orban, neanche una Bielorussia con un dittatore intero? Questa ostinata Ucraina era un cattivo esempio per la Grande Madre Russia. Un possibile contagio per i contestatori delle piazze di Mosca. E se non si poteva accusarla di essere nella Nato (purtroppo, viste le conseguenze), il pericolo maggiore è che entrasse nell’Unione europea. Un sistema liberal-democratico nel quale avrebbe rischiato di specchiarsi un sistema opposto. Arretrato, oligarchico, soffocante e malato del ricordo della passata potenza dell’Urss. Senza averne più neanche il richiamo universale del comunismo. Ora una piccola potenza economica col Pil inferiore a quello della Romania, un’Arabia saudita asiatica capace solo di pompare gas e petrolio.
Finché le sirene che dalle strade hanno annunciato a Kiev l’ora più buia, i bombardamenti che ammazzano anche i bambini negli ospedali, quelle sirene hanno svegliato anche noi di qui.

E stiamo accogliendo i profughi non soltanto perché vestono come noi e i loro figli hanno gli zaini con i supereroi come da noi, ma perché loro sono noi. Una vicinanza non solo geografica ma culturale. Sono i profughi del nostro rimorso. E quelle sirene sono le sirene di una coscienza recuperata e di una autostima riscoperta. Sono la differenza fra i carri armati e le primavere attese. Sperando che serva a qualcosa questa nostra nuova cattiva coscienza: il rischio di aver dovuto sacrificare un popolo per amarci di più con la nostra libertà. Piena di difetti, ma libertà.

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