Al punto in cui è arrivata l’offensiva russa contro l’Ucraina è necessario studiare bene la personalità di Putin per trovare dei punti deboli, o meglio, per comprendere quelli che sono i suoi aspetti più attaccabili, in modo da consentire di anticiparne le mosse nella mortale e criminosa partita in corso e trovare un negoziato soddisfacente che metta fine alla guerra in atto. Oggi Putin crede di essere investito di una grandiosa missione storica (annettere l’Ucraina nella sfera geopolitica russa), e tanto basta per considerarlo un megalomane o un messianico; probabilmente cambierà tattica e atteggiamento quando subirà delle perdite inaspettate, perciò non è un lunatico, o un folle apocalittico.
Il leader sovietico a questo punto dell’invasione accetterebbe, forse, una soluzione onorevole che metta fine al conflitto, purché ne esca indenne e gli si salvi la faccia. Ma come? Questo è il problema angoscioso dibattuto da tutti gli Stati mondiali. All’orizzonte non si vede per il momento una conclusione che riduca al minimo i danni, le perdite. Dalla sua oratoria si comprende che non ha i piedi per terra, si comporta da «onnipotente», soprattutto da quando nel 2020 si è autonominato presidente a vita. Questo significa che ha un potere infinito nelle sue mani che gli consente di stravolgere le regole a suo piacimento, come ha sottolineato la politologa Tatijana Stanowja. L’idea fissa del dittatore è di demilitarizzare l’Ucraina, perché secondo lui è un paese nazista. Sembra che viva in una «realtà parallela» come si è notato da più parti e quindi è da considerare un borioso pericoloso e criminale. Ma come si argina una personalità di questo genere che agli occhi del mondo appare delittuosa e assolutamente da condannare? È il caso di studiare i comportamenti che avvengono all’interno del Cremlino, dove sicuramente si è creata nel tempo una psicopatologia del consenso, che nasconde notevoli rischi e che nella storia ha portato al fascismo e al nazismo. Sembra voler essere il protagonista di una «chiamata» che lo sta cambiando radicalmente, facendolo sprofondare in un delirio patologico di natura politica, accrescendo il suo ego da esibizionista.
Un uomo che è riuscito con indubbia abilità e disinvoltura a trovarsi a capo di una delle nazioni più potenti della terra; un individuo che è stato posto dai suoi seguaci su un piedistallo decisamente più grande di lui, complice un vuoto sorprendente della politica interna, preso com’è stato da un’illusione, una distorsione cognitiva dovuta alla facilità dell’insediamento al vertice; ed è così che sono venute fuori in maniera netta e decisa le sue pulsioni di rivalsa e di dominio. Al punto in cui la Russia si è invischiata in questo assurdo attacco tra il punitivo e l’espansionistico c’è da chiedersi se abbia ancora del consenso e se all’interno del Politburo i politici che lo circondano condividano la spregiudicatezza e l’amoralità di una guerra che mina alla base i principi democratici della convivenza umana.
La sua ascesa politica si colloca a cavallo tra la psicologia sociale e l’analisi socioeconomica in un momento nel quale il Partito versava in una crisi di prestigio e occorreva dare un peso alla pedagogia autoritaria; e questo aspetto gli ha dato potere, rendendolo più cinico e privo di scrupoli. Pasolini riuscì a stigmatizzare con la sua filmografia l’aggressività patologica di regime.
Che dire allora della personalità di Putin: è un ostentatore o un egocentrico patologico? Nutre una sete di approvazione e ha una esasperata preoccupazione dell’immagine di sé, si esalta per le azioni che compie; vuole imporre in modo autoritario la propria figura e il proprio pensiero.
Ma in questo momento ha un seguito? Chi vuole, oggi, condividere le sue scelte da guerrafondaio? Nessuno. Chi lo fa compatisce solo la sua mediocrità di statista e di uomo. Il suo comportamento non è dettato dalla smania di primeggiare a tutti i costi, ma dalla bramosia nefasta di superare i limiti di una razionalità fuori controllo. È ossessionato da una fantasia di onnipotenza e da atteggiamenti deliranti di grandiosità. Insomma è un despota che è riuscito a soffocare il dissenso, a zittire la stampa e a mandare in frantumi le speranze e gli ideali di democrazia. Ciò che gli è sfuggito di mano è il non aver compreso non solo gli orientamenti del suo ambiente politico, ma soprattutto gli umori del mondo intero. Che dire, allora? Putin è un «pazzo politico», o un «pazzo comune»? Lo si deve considerare un maniaco, o un paranoico che mantiene spesso inalterate le facoltà mentali percettive, oltreché istrioniche e affabulatorie? Solo la storia lo potrà dire.

Il criminologo: "Serve studiare la sua personalità per comprendere i suoi aspetti più attaccabili, in modo da consentire di anticiparne le mosse e trovare un negoziato che metta fine alla guerra"
Mercoledì 16 Marzo 2022, 16:30