«La guerra nel cuore dell’Europa» scandisce con qualche enfasi la televisione.
«Macché Europa ed Europa! Barbari! Quelli sono barbari!», borbotta con altrettanta enfasi una persona accanto a me.
Lì per lì mi viene di dargli ragione. Poi ripenso a Dresda e a Coventry, spianate dalla Royal Air Force e della Luftwaffe, decollate dalle civilissime patrie di Shakespeare e Goethe. Scorrono sullo schermo le immagini del vertice di Antalya e mi viene in mente che Myra è lì a qualche chilometro ma San Nicola non ha fatto il miracolo. La guerra continua «nel cuore dell’Europa». Chi più di noi pugliesi che conserviamo il corpo di San Nicola può affermare che Kiev è uno dei tanti cuori dell’Europa? Un’Europa disseminata di chiese in suo nome dall’Atlantico agli Urali.
A Kiev una cattedrale è dedicata a San Nicola e si celebra in ucraino, in latino, in polacco e persino in spagnolo. Che non si celebrasse in russo era già un segno dei tempi.
Talvolta si fa un po’ di retorica su San Nicola. Eppure se c’è, come si dice comunemente, un santo a cui votarsi in questo momento è proprio quest’uomo barbuto e scuro di pelle. Certo le ipotetiche trattative di pace si svolgono al confine tra Ucraina e Bielorussia e ad Antalya per complesse ragioni geopolitiche. Sarebbe risibile candidare la cripta della Basilica a luogo dove russi e ucraini possano trattare la pace. Eppure quale luogo più opportuno ante corpus Beati Nicolai? È forse l’ultima cosa rimasta in cui russi e ucraini credono, al netto delle diatribe tra patriarcati. È forse l’unico santino che i soldati dei due eserciti conservano nel portafoglio; l’unico santo a cui chiedono di poter tornare a casa.
Quanta gente abbiamo visto entrare nella Basilica di San Nicola segnandosi alla maniera ortodossa? Forse erano russi, ucraini, moldavi, osseti ceceni o appartenevano a qualcuna delle decine di identità che costituivano l’immenso mosaico di popoli di quella che fu l’Unione Sovietica.
Probabilmente saranno l’economia e robuste pressioni internazionali a porre fine a questo massacro ma resteranno le nevrosi, i tormenti, gli assilli di un passato che non passa. Sindrome da accerchiamento, spirito di rivalsa, desiderio di vendetta, nostalgie imperiali. Ossessione dell’Occidente col suo benessere e con le sue democrazie. Difficile vedere tutto questo dal centro di Mosca, di San Pietroburgo, di Kiev ma nelle sterminate pianure, dal Caspio al Pacifico, dove si impasta l’odio con la fame, si svegliano i mostri che l’Europa cova nel suo cuore.
Lo hanno già fatto nel 1914, nel 1939; è accaduto più recentemente nella ex Iugoslavia e nel Kossovo. Sarà una pia illusione ma credo che Bari, questa terra di trascurabile entità geopolitica, abbia un dovere in più. Non si custodisce il corpo di un santo «globale» senza portare il peso di una responsabilità.
Non si può fare molto. Anzi, credo nulla. Ma va detto a voce alta che ogni proiettile - da qualsiasi parte provenga - è una bestemmia contro San Nicola, contro questa città, questa provincia - che storicamente ha il pastorale nicolaiano nel suo emblema - e contro la sua gente.