La Puglia è il grande oriente d'Italia. Non nel senso della Loggia massonica ma nel senso del lungo balcone di terra e città che si protende verso Levante. Siamo la regione più vicina, geoculturalmente, alla Russia, a partire dal culto di San Nicola; esiste a Bari una Chiesa di rito ortodosso dedicata a lui, quella che tutti chiamano la Chiesa russa.
Insediamenti pugliesi hanno resistito per secoli col loro arcaico dialetto in alcune zone della Russia, a parte i deportati pugliesi in Crimea della seconda guerra mondiale. Anni fa raccontammo perfino che Michail Gorbaciov fosse di origine pugliese, viste alcune coincidenze etniche e somatiche. Si diceva che la sua famiglia provenisse agli inizi del novecento da Monopoli, dove ci sono tuttora i Gorbacio (venne a trovarmi tanti anni fa un Gorbacio di Monopoli dopo aver scritto un articolo sul tema, per avallare la tesi e mostrarmi la stessa «voglia» di Gorbaciov sulla sua fronte).
Ma la Puglia è sempre stata protesa verso la cultura greca, bizantina, ortodossa, e ha sempre dovuto ripararsi dall'attacco dei turchi e dalle insidie balcaniche. Siamo così vicini alla sponda levantina che un famoso avvocato barese, Paolo Pinto, percorreva a nuoto lo stretto d'Otranto e raggiungeva l'Albania, dove la popolazione che sbarcò in Puglia agli inizi degli anni Novanta, sembrava la versione arcaica dei pugliesi, in bianco e nero, quelli del dopoguerra. I cafoni di cui parlava Vittore Fiore.
Da noi ricordo che negli anni Settanta si captava chiaramente Radio Tirana, in cui una donna petulante e monotona ogni giorno annunciava il crollo imminente dell'imperialismo e del capitalismo; e noi ragazzi immaginavamo i barconi di pugliesi che cercavano la salvezza in Albania. Poi non andò proprio così.
Per noi l'Ucraina era parte della Russia, non riuscivamo a distinguere i tratti e le differenze: tre secoli di annessione, e poi di Urss hanno rafforzato quella convinzione; ma bisogna prendere atto che l'Ucraina non vuol essere assimilata alla Russia anche se ci pare rischioso immaginare che passi a Occidente, con un atto di volontà politica, e schieri le basi Nato davanti alla Russia. L'Ucraina, lo dice già il nome, è linea di confine, tra Est e Ovest.
Ma tornando al nostro osservatorio levantino, la Puglia è davvero l'Italia dell'est più estremo, perfino più di Trieste, linea di frontiera. Credo che per questo abbiamo un'apprensione in più per guardare al conflitto, all'invasione, in modo partecipe e accorato. E un motivo in più per accogliere i profughi ucraini, come già si fece dopo Cernobyl. Ma anche un motivo in più per vivere con ulteriore disagio il nostro statuto italo-europeo di belligeranti anomali, tramite terzi, ovvero fornitori di armi agli ucraini e di ritorsioni a tutto ciò che è russo a nostra portata: imprenditori russi confiscati nei loro beni, artisti cacciati perché russi, atleti rimossi, inclusi i disabili; scrittori russi censurati.
Un tradimento per uno stato di diritto, libero e democratico, un errore strategico che può generare solo ritorsioni e inasprimenti e un'inutile, becera estensione del conflitto a livello etnico, storico e sui singoli cittadini.
Possiamo far poco o niente per fermare il conflitto, ma possiamo perlomeno contribuire a non allargarlo, sapendo che i regimi non sono i popoli, gli autocrati non sono la tradizione di un Paese. Amammo Santa Madre Russia anche ai tempi dell'Unione Sovietica, distinguendo il passato dal presente. A maggior ragione dobbiamo farlo oggi, indipendentemente dal giudizio che abbiamo su questa guerra, chi l'ha voluta e chi l'ha provocata.
Insomma circoscriviamo il conflitto anziché allargarlo, non facciamola diventare una guerra civile contro tutto ciò che è russo. San Nicola gradirà.