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L’atomica non è più «folclore» ora serve la mediazione cinese

 
Andrea Di Consoli

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Andrea Di Consoli

Fungo bomba atomica

La domanda che però ci poniamo in questo preciso frangente è questa: esiste un modo per impedire a Putin e ai suoi generali di usare la bomba atomica?

Giovedì 03 Marzo 2022, 15:24

Bisogna partire da una verità agghiacciante: se nel mondo esistono complessivamente 14.000 bombe atomiche nulla, a rigor di logica, esclude che possano essere usate. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha detto che una terza guerra mondiale «sarebbe nucleare e sarebbe devastante». A dirlo non è soltanto una cosiddetta «colomba» della corte di Putin, ma uno dei massimi esponenti politici della Russia, l’unica nazione al mondo che sta rendendo concretissimo il rischio di una guerra atomica.

Sono quasi ottant’anni che il genere umano convive con lo spettro della guerra nucleare. Eppure, nonostante mille mobilitazioni e trattati, le bombe atomiche sono ancora lì pronte per essere usate, con effetti, qualora fossero utilizzate, «devastanti» e letali per l’intera specie umana. Ribadire quanto siano distruttive queste bombe - sopratutto quelle di ultima generazione - rischierebbe solo di aggiungere panico su panico, ma per la prima volta il rischio è concreto, perché nessuno conosce le reali intenzioni di Putin, che ormai, per usare un eufemismo, sembra essere «fuori controllo».
Sinora abbiamo pensato alle bombe nucleari come a simboli di forza militare, finanche come a folclore propagandistico. Ma solo l’ignavia collettiva ha consentito alla politica globale di non porsi seriamente il problema, perché, come si diceva poc’anzi, se le bombe atomiche esistono, è probabile che prima o poi possano essere usate.

Nel 2020 le principali potenze mondiali hanno speso cifre mostruose per gli armamenti: gli Usa 778 miliardi di dollari, la Cina 252, l’India 72,9 e la Russia 61,7. Non ci vuole molto per capire che preziose risorse collettive vengono usate ogni anno per acquistare armi e per finanziare eserciti. Ovviamente non è il momento di abbandonarsi a un astratto pacifismo, ma è un dato incontrovertibile che con l’aumento della popolazione mondiale e con la crescente domanda di Welfare a livello globale - come la pandemia ha dimostrato - sarebbe assai più utile e intelligente destinare queste risorse per la sanità, l’istruzione e lo sviluppo economico che non per difendersi da aggressori o per dimostrare di essere una «superpotenza». Ma, purtroppo, il mondo è quello che è, non quello che vorremmo che fosse.

La Russia, per tornare al nucleare, è la nazione che nel mondo possiede più bombe atomiche in assoluto: ben 6.375. A seguire gli Usa, ferme a 5.800. Molto distanti da loro ci sono Cina, India, Pakistan Gran Bretagna, Francia, Israele e Corea del Nord. Una follia totale. In pratica l’essere umano avrebbe tutte le possibilità per porre fine oggi stesso alla straordinaria avventura della vita.
Come sia stato possibile non lo sappiamo, ma una cosa è certa: il mondo di domani - se il mondo supererà anche questa crisi - dovrà ripartire in tempi brevissimi dallo smantellamento di tutte le testate nucleari in circolazione. Affinché nessuno abbia più il potere di minacciare la sopravvivenza stessa del genere umano per il solo fatto di essere in possesso di un fantomatico «bottone rosso» da schiacciare a proprio piacimento.

La domanda che però ci poniamo in questo preciso frangente è questa: esiste un modo per impedire a Putin e ai suoi generali di usare la bomba atomica?
Detto altrimenti: Usa, Nato, Cina, Onu e Ue hanno la capacità e la possibilità di attuare un piano di neutralizzazione immediata in caso la Russia decidesse di giocarsi il tutto per tutto dichiarando una guerra mondiale nucleare? Oppure se Putin vuole può sganciare senza ostacoli una bomba atomica su un Paese europeo? La domanda è precisa, e tutti noi avremmo il diritto di saperlo. Forse sarebbe il caso che i Capi di Stato occidentali volassero in queste ore con maggiore frequenza in Cina, affinché il gigante asiatico sia fino in fondo non dalla parte dell’Occidente, ma dalla parte della pace e della ragione. Abbiamo bisogno non che la Cina sia come noi, ma che sugli equilibri geopolitici si veda riconosciuto un ruolo dirimente e autorevole. Anche perché, per quanto l’abbia stravolta con una straordinaria euforia turbocapitalistica, è pur sempre una terra che ha insegnato la saggezza al mondo intero.

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